Il giudice Paola Maria Braggion crederà al pinocchietto Rulli e ai suoi burattinai o assolverà Rosalba?

Il 05 febbraio ’18 presso il Tribunale di Milano (giudice titolare Paola Maria Braggion) si è tenuta la prima udienza del processo contro la compagna Rosalba della redazione di Vigilanza Democratica accusata di “diffamazione” da Vladimiro Rulli ex agente del VII Reparto mobile di Bologna (ora operativo nell’Ufficio Immigrazioni a Pescara) a seguito dell’Appello  “Cosa deve ancora accadere perché il VII Reparto mobile di Bologna venga smantellato?”

Abbiamo già aggiornato rispetto alla mobilitazione svolta in occasione dell’udienza. In questo comunicato entriamo invece nel merito di quanto accaduto in aula. Prima però vogliamo fare alcuni incisi.

Mandanti ed esecutori. Come detto nei nostri precedenti comunicati Rulli ha denunciato la compagna Rosalba su mandato del VII Reparto mobile di Bologna e della Lega Nord di Salvini, partito con cui il famigerato Reparto è strettamente legato a tal punto da candidare a Bologna come capolista alla Camera Gianni Tonelli.

Quest‘ultimo, del VII Reparto mobile e esponente di “spicco” del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia), ha fatto carriera anche grazie alle sue vergognose dichiarazioni sui casi Cucchi e Aldrovandi (ricordiamo il lungo applauso tributato a tre degli assassini di Federico Aldrovandi, Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri, presenti alla sessione pomeridiana del Congresso del SAP del 2014 a Rimini) e alle sue dichiarazioni contro l’introduzione del reato di tortura. Ancora oggi Tonelli dà mandato al suo sindacato di ribaltare la verità sull’omicidio di Federico e si lancia in vergognose asserzioni sugli immigrati, come quella sui fatti recenti di Macerata. La sua candidatura qualche contraddizione interna alla stessa Lega comincia però a generarla.

Rulli è una pedina dell’asse Salvini-Tonelli (non sappiamo se per spirito di corpo, comunanza ideologica o perchè ricattato, ma questo poco importa), asse che mira a fare carta straccia di quanto resta della Costituzione italiana frutto della Resistenza partigiana, ad accrescere l’uso della repressione (e dell’impunità) da parte delle forze dell’ordine verso ogni forma di dissenso, verso chi lotta per la difesa dei diritti e la conquista di nuovi, per la costruzione di un’alternativa allo stato di cose presenti e che, infine, mira a rafforzare la “guerra tra poveri” (innanzitutto la persecuzione degli immigrati).

 

VII Reparto mobile e UNO BIANCA. Il filo nero che lega il VII Reparto mobile con quanto di eversivo e reazionario esiste nel nostro paese probabilmente non si ferma alla Lega Nord. Forse questo filo, che passa attraverso il sindacato SAP e la Lega Nord, conduce dritto dritto a dirigenti di alto livello della polizia di Bologna che già all’epoca della UNO BIANCA tenevano in mano i fili del potere (oppure che sono stati promossi negli anni a seguire per i “servizi resi” all’interno di quella operazione della strategia della tensione) e che non vogliono che questo “armadio della vergogna” venga aperto. Come spiegare altrimenti il nervosismo che si è generato nel VII Reparto (come lo stesso Rulli ha dimostrato sia con la sua querela che nelle dichiarazioni che ha fatto in aula il 05 febbraio) a proposito dei rimandi presenti nell’Appello di Vigilanza Democratica alla UNO BIANCA? Qui “gatta ci cova”.

Torniamo ora all’udienza del 05 febbraio. Il giudice Paola Maria Braggion ha ascoltato l’ispettore Alessandro Clementi della Polizia Postale di Pescara e Vladimiro Rulli.

L’ispettore Alessandro Clementi è stato interrogato come testimone dell’accusa in quanto nel maggio 2013 il magistrato competente lo delega ad eseguire gli accertamenti utili all’indagine. Gli unici elementi che Clementi può però portare stanno nel fatto che il sito Vigilanza Democratica è quello su cui per la prima volta è comparso l’Appello a firma della Redazione e che il sito era intestato a Rosalba (tra l’altro, come lui stesso riconosce, senza nessuna forma di riservatezza). Sempre sul sito era stato possibile reperire il suo numero di cellulare e quello della sua postepay cui si rimandava per la raccolta sottoscrizioni. Non c’è altro!!!

Clementi, spiegherà infatti al PM che non sono stati individuati nè il webmaster, nè l’amministratore del sito, nè la persona intestataria della mail di Vigilanza e neppure i componenti della Redazione perchè nessun ulteriore accertamento è stato chiesto al riguardo.

In sintesi Vigilanza Democratica, come tutti i siti che svolgono un lavoro pubblico ha un’intestataria che mette anche il suo telefono e postepay a disposizione di chi voglia collaborare al lavoro complessivo che la Redazione porta avanti.

A differenza di altri siti, evidentemente qui sono però i temi affrontati (abusi di polizia, reato di tortura, introduzione del codice identificativo per le FdO, copwatching) e il modo in cui sono sviluppati (non ci si limita al singolo fatto, non si accetta la teoria della singola mela marcia) a rendere “oltremodo rischiosa” l’esposizione pubblica di Rosalba.

Rulli il pinocchietto. A seguito dell’ispettore Clementi il giudice ha ascoltato Rulli. Ed è qui che lo spettacolo teatrale è iniziato.

L’agente ha intrattenuto la platea con un primo atto in omaggio al “melodramma strappa lacrime”. Con lirismo d’autore ha cercato di toccare le corde della Corte presentandosi come la povera vittima, la cui carriera professionale e la vita personale sono andate distrutte…. dall’articolo di Vigilanza Democratica.

Guardato con sospetto dai colleghi di Pescara al momento del suo trasferimento, ha avuto “la carriera congelata” e ha dovuto pure fare fronte alle crisi di pianto della figlia, studentessa a Ferrara, cui veniva chiesto se fosse effettivamente suo padre “il poliziotto bastardo”.

 

Quando poi gli è stato chiesto dalla corte di andare alla “ciccia” delle cose (di entrare nel merito dei fatti) si è dimostrato essere anche un (aspirante) campione olimpico di arrampicata sugli specchi. Ecco alcuni passaggi significativi della testimonianza resa:

  1. Rulli afferma che nell’articolo di Vigilanza Democratica viene additato come un “delinquente”, come il “bastardo bandito della Digos”, che nell’articolo si dice “che io andavo in giro con la Uno bianca”.

Forse il povero pinocchietto avrà letto qualche altro comunicato…. basta infatti leggere l‘Appello per avere la riprova che Rulli mente!

  1. Dichiara che nell’articolo si fa riferimento solo al suo nome, ma messo alle strette, anche dallo stesso giudice, dice che si c’erano anche altri nomi. Alla domanda se i fatti siano associati solo a lui o anche agli altri, afferma che sono riferiti a lui, salvo poi correggersi con un a me più degli altri….

Povero pinocchietto, un pò (tanto) vanesio! Probabilmente soffre di una grave mania di protagonismo e proprio non gli va giù che l’articolo di Vigilanza non offra alcuna sponda al suo egocentrismo.

  1. Nonostante dichiari di essere stato a Bologna per 18 anni, lui la UNO BIANCA, non sa neppure cosa sia.

Il dubbio qui sorge davvero spontaneo. Tutti conoscono in Italia almeno per sentito dire le vicende della UNO BIANCA. Se non le conosce lui che è stato a Bologna così tanto tempo e per di più nel VII Reparto mobile, allora  forse dobbiamo credere davvero tutti che anche gli asini volano!

Aggiungiamo a questo anche un altro dato davvero singolare: il giorno stesso dell‘udienza è stato depositato l’atto in cui Rulli ha revocato il suo avvocato, il bolognese Fausto Sergio Pacifico, per nominare al suo posto l’avvocato Carella (presente già il 5 di febbraio). Ora l’avv. Fausto Sergio Pacifico, per chi non lo sapesse, oltre ad aver già difeso in passato poliziotti del VII Reparto Mobile ha anche preso parte a processi di rilievo come quelli per la strage di San Bendetto Val di Sambro, il c.d. processo “Italicus”, e quello per i fatti della UNO BIANCA. Ci sta che Rulli non possa permettersi un così tanto avvocato (sempre che l’onorario lo paghi lui o che Pacifico non ne abbia assunto la difesa “per solidarietà”), fatto sta che tutte queste coincidenze lasciano un po’ tanto perplessi!

Una considerazione finale: Scaroni da agenti del VII Reparto Mobile è stato massacrato, reso invalido a vita, quasi ammazzato. La sentenza questo lo dice. Come lo riconosce nella sostanza il risacimento che gli è stato infine riconosciuto.

E solo per la mancanza di un‘identificazione certa che i responsabili di quell’atto criminale sono tutt’oggi a piede libero.

Ma questo è sicuramente secondario a fronte del dramma umano e professionale che il pinocchietto Rulli si trova a vivere, per colpa non di un articolo, ma forse diciamo noi di tanti suoi degni colleghi.

Questa è l’attendibilità del “diffamato”. Questa è la credibilità dell’agente Rulli.

 

Il giudice Paola Maria Braggion crederà al pinocchietto Vladimiro Rulli? Presterà il fianco ai suoi burattinai, a quelli del VII Reparto mobile o assolverà Rosalba?

Il 21 febbraio alle h.14 tutti davanti al Tribunale di Milano, in occasione della nuova e forse ultima udienza del processo!

La solidarietà è un’arma, usiamola!

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