Dopo lo sciopero del 16 giugno del trasporto e della logistica avanti nel coordinamento intersindacale e nella lotta contro le leggi antisciopero

In seguito alla mobilitazione dei lavoratori di Alitalia dello scorso aprile, in risposta alla minaccia di 3000 licenziamenti  come ennesimo frutto della privatizzazione e svendita della compagnia agli avvoltoi del cosiddetto mercato internazionale (vedi articolo su Resistenza n. 6 / 2017), lo scorso 16 giugno sindacati di base e conflittuali quali CUB, SGB, Adl Cobas, Si Cobas, Usi-Ait, e Slai Cobas hanno proclamato una giornata di mobilitazione e di sciopero nazionale della logistica e del trasporto pubblico locale e nazionale. I principali contenuti rivendicativi erano la lotta alla privatizzazione e al graduale smantellamento dei servizi pubblici e dei diritti dei lavoratori, contro il progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e il ripristino dei voucher, per imporre dal basso un contratto collettivo nazionale dei lavoratori della logistica che corrisponda realmente ai loro interessi. Questo processo conferma come il fronte dei lavoratori che decidono di unirsi e lottare insieme contro gli effetti più devastanti della crisi si stia ampliando e compattando, in particolare tra quelli iscritti ai sindacati di base. Questo sciopero non può essere definito che un successo, un’importante dimostrazione di forza, unione e capacità di organizzazione.

Da parte del governo centrale e dei sindacati di regime (CGIL, CISL, UIL e UGL) è arrivata una risposta rabbiosa e scomposta che attacca direttamente il diritto di sciopero nei servizi pubblici, già pesantemente limitato dalla legge 146/90: una delle più restrittive d’Europa. Il successo della mobilitazione deve aver colpito nel segno per portare il presidente della Commissione di Garanzia, Giuseppe Santoro Passarelli, a dire che “bisogna impedire che un sindacatino blocchi tutta l’Italia” e “va stabilito il principio che non tutte le sigle sindacali possono proclamare lo sciopero, ma soltanto quelle che hanno una certa consistenza”, affermando quindi che servirebbero nuove misure repressive e anticostituzionali per prevenire la mobilitazione degli operai e dei lavoratori che scioperano in autonomia dai sindacati di regime. Se questa risposta da un lato mostra ancora una volta quali siano i veri volti dei sindacalisti di regime e del governo, dall’altro vediamo come lo sciopero li abbia costretti a un’isterica difesa, rivelando la fragilità e il progressivo sgretolamento del quarto pilastro del regime di controrivoluzione preventiva sintetizzato nel Manifesto Programma del (nuovo) PCI: “mantenere le masse popolari e in particolare gli operai in uno stato di impotenza, evitare che si organizzino, fornire alle masse organizzazioni dirette da uomini di fiducia della borghesia, da uomini venali, corrompibili, ambiziosi, individualisti e impedire che gli operai formino organizzazioni autonome dalla borghesia nella loro struttura e nel loro orientamento”. Portiamo alcuni dei tanti esempi indicativi del fatto che quando gli operai si mobilitano la loro forza non ha limiti, e che hanno caratterizzato la giornata del 16 giugno bloccando le principali città del paese. A Napoli c’è stato il blocco al Porto (principale centro economico cittadino) da parte del Comitato dei Lavoratori del Porto, il movimento dei Disoccupati 7 Novembre e i precari della logistica organizzati dal SI Cobas; a Firenze c’è stata l’adesione allo sciopero del 90% dei lavoratori dell’ATAF, privatizzata dall’ex sindaco Renzi con esiti disastrosi per condizioni di lavoro e del servizio: altro che sindacatini di minoranza!

Tramite questa mobilitazione questi sindacati hanno dimostrato di guadagnare progressivamente autorevolezza e prestigio fra i lavoratori, grazie alla coerenza nella lotta di classe, a cominciare dalla non adesione al TUR e all’avvio di un coordinamento intersindacale superiore. La tendenza a organizzarsi in autonomia, distaccandosi dalla direzione di uomini al servizio della classe dominante che infestano le strutture sindacali di regime, va alimentata e sviluppata. Il compito che devono assumere i sindacati di base è quello di diventare in misura crescente dei centri autorevoli, dei punti di riferimento per i lavoratori, legando le singole vertenze alla lotta generale per la costruzione dell’alternativa politica sempre più necessaria, per applicare la Costituzione nelle sue parti progressiste garantendo un CCNL dignitoso e il diritto allo sciopero per tutti e tutte.

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