Il 14 maggio al Maschio Angioino si è svolta la terza assemblea di “Attuare la Costituzione – Un dovere inderogabile”, aggregato promosso dal vice Presidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena che, in collaborazione con l’Amministrazione De Magistris, ha voluto concludere proprio a Napoli il primo ciclo di assemblee finalizzate a rafforzare la rete di organismi, comitati e singoli per l’attuazione della Costituzione.
L’assemblea, che si è aperta segnando il passaggio di Napoli da “città ribelle” a “città per l’attuazione della Costituzione”, è stata un importante punto di svolta nel percorso che l’aggregato sta facendo che ne testimonia l’evoluzione quantitativa e qualitativa e che proprio nella giornata del 14 ha meglio definito come proseguire, su quali ambiti concentrare la mobilitazione, le prime azioni “sperimentali” di attuazione della Costituzione e infine, il fronte delle forze in campo.
In questo articolo riportiamo una parte di quanto emerso, in particolare ci concentriamo sulla relazione fra amministrazioni locali e organizzazioni operaie e popolari avendo come riferimento le elezioni amministrative di giugno e, più in generale, la mobilitazione per costruire amministrazioni locali di emergenza.
Un passo indietro: le assemblee di Roma e Milano. L’assemblea di Roma del 22 gennaio, ha avuto il merito di rilanciare a stretto giro il risultato referendario del 4 dicembre, considerandolo il principale patrimonio su cui contare per promuovere l’attuazione della Costituzione. Questa assemblea ha chiarito l’estraneità di questo progetto a logiche e cartelli elettorali in vista delle elezioni politiche del 2018 (diversamente da quanti intendono valorizzare il risultato referendario solo attraverso la costruzione di un “soggetto politico” di sinistra). In questa assemblea, tuttavia, la difesa e applicazione della Costituzione è trattata ancora principalmente da punto di vista “legale”: questo ha determinato sia che la componente principale dei partecipanti fossero esponenti del mondo giuridico o dell’economia, sia che le prime proposte di azione concreta nei territori (punti di soccorso legale, ecc.) nei fatti non si sviluppassero.
L’assemblea di Milano del 18 marzo, costruita in collaborazione con il Comitato per il NO è stato un punto di svolta significativo e questo sostanzialmente per due fattori. Il primo è la centralità data al tema del lavoro. Il secondo è stata la combinazione di due aspetti: la sollecitazione di Paolo Maddalena a non “restare sul generale” e a non avvitarsi su questioni che ora non sono urgenti (Euro si, Euro no; uscire o no dall’UE, ecc.) e la proposta della partigiana Lidia Menapace di ispirarsi al Comitato di Liberazione Nazionale della Resistenza quanto a obiettivi (liberare il paese dai governi “occupanti”) e forma organizzativa dell’aggregato.
L’assemblea di Napoli del 14 maggio, rappresenta una sintesi e un’evoluzione di questo percorso alla luce del riferimento a due precisi articoli della Costituzione (che non è più genericamente intesa): il 41 e il 42 sull’uso sociale della proprietà privata.
Come afferma Paolo Maddalena “noi andiamo a ripescare tutti quei beni che sono caduti nelle mani dei privati ma appartenevano a tutto il popolo italiano, i cosiddetti beni abbandonati, di proprietà collettiva e che non perseguono più la funzione sociale, perciò chiederemo i nominativi dei proprietari di questi beni sentendo se hanno intenzione di ripristinare la funzione sociale e in caso negativo, questi beni torneranno alla proprietà del Comune di Napoli, li gestiremo per fini di utilità sociale e questo è il grande passo avanti, il nostro punto di partenza” .
Il laboratorio di Napoli e i primi passi per moltiplicare le città che attuano la Costituzione. In cosa consiste la sperimentazione che parte da Napoli? De Magistris sottolinea che “noi siamo modesti attuatori della Costituzione, ci definiscono ribelli ma noi stiamo provando a essere i più grandi soggetti obbedienti che il paese abbia mai conosciuto, cioè proviamo ad attuare la Costituzione Repubblicana, in particolare gli articoli 41-42-43”.
I primi passi in questo senso sono: la riattivazione dell’Osservatorio dei Beni Comuni di Napoli (che il 14 maggio è tornato a riunirsi), la mappatura del territorio per identificare i beni abbandonati e la raccolta dei nominativi dei privati che ne risultano proprietari per verificarne le intenzioni. Se non vengono restituiti alla funzione sociale, l’amministrazione procederà alla riacquisizione nel patrimonio comunale.
In cosa si sostanzia il passo avanti fatto il 14 maggio? Uno dei grandi risultati dell’assemblea è proprio l’allargamento della rete di amministratori e amministrazioni locali che hanno partecipato e a cui l’assemblea ha dato una spinta al coordinamento e allo scambio di esperienze.
Gli amministratori locali sono stati tra i principali protagonisti della giornata, confrontandosi sulle esperienze particolari che vivono, sui problemi in cui si imbattono, ma anche sulle soluzioni che adottano. La domanda che riassume lo stato più generale degli amministratori nel nostro paese è stata posta dal sindaco di Polistena: “può un sindaco attuare la Costituzione su cui ha fatto giuramento?”. Dal dibattito è emerso chiaramente che oggi il principale nemico degli amministratori locali è lo stesso governo che chiede loro obbedienza (a leggi e decreti sempre più apertamente anticostituzionali). E’ emerso quindi che per uscire dalla morsa in cui le amministrazioni e gli amministratori si trovano, (tra il governo centrale, che le riduce ad agenzie di estorsione e repressione, e le masse popolari che si mobilitano contro le politiche centrali) è necessario costruire Amministrazioni Locali di Emergenza, partendo dall’applicazione della Costituzione e alimentando questo processo in tutto il paese, traducendo ogni principio progressista in misure e azioni concrete.
In questo contesto, l’esempio dell’amministrazione De Magistris e in particolare il lavoro già in corso sulle delibere di assegnazione di spazi per uso sociale è diventato molto più che un fattore d’ispirazione, ma campo di emulazione che spinge già altri sindaci ad attivarsi sullo stesso terreno e a usufruire dell’esperienza di Napoli come “consulente sul campo”. Un primo grande risultato infatti è la convocazione del prossimo incontro a Latina per sancirne il passaggio a città per l’attuazione della Costituzione, il prossimo 31 giugno. Proprio perché nessun Comune si salva da solo, occorre fare rete.
De Magistris, a proposito dei problemi della sua Amministrazione dice: Noi quanto potremmo resistere ancora a dimostrare, con tutto quello che stiamo facendo e con i nostri limiti – perché governare una città come Napoli sottoposta ad attacco economico politico e mediatico- , che l’acqua pubblica è giusta non solo perché l’azienda fa utili, ma perché è un dovere perché attuiamo la volontà popolare. Quanto ancora potremo resistere a dimostrare che il patrimonio immobiliare non lo diamo a Romeo come hanno fatto altri ma lo teniamo noi, come facciamo a dimostrare che abbiamo interrotto l’emergenza rifiuti perché abbiamo scassato il rapporto tra Criminalità Organizzata, affari e politica? Quanto ancora potremo resistere se non ci fanno fare il turn over e il personale dell’azienda pubblica dell’Igiene Urbana ha l’età media di 61-62 anni? Noi stiamo provando a risanare le aziende ma il governo continua a impedire di assumere nelle aziende perché ci vogliono costringere alla privatizzazione”.
La moltiplicazione di amministrazioni che si mettono sulla strada dell’applicazione della Costituzione (che disobbediscono e rompono il Patto di Stabilità, i vincoli e le leggi antipopolari che il governo centrale impone) è la migliore difesa per ogni singola amministrazione di poter portare avanti il processo di legittimità Costituzionale (anche se in contrasto con le leggi e la legalità del governo centrale.
Gli interventi e le esperienze portate all’assemblea del 14 maggio hanno mostrato chiaramente che la questione decisiva è prendere in mano e occuparsi del futuro delle città, delle aziende, dei quartieri e dei territori e che in definitiva la questione riguarda il governo del paese. Ogni partecipante ha trattato dal proprio punto di vista e dalla propria esperienza particolare (da amministratore locale di grandi e piccole città, da lavoratore in lotta contro la chiusura o il fallimento di un’azienda, da giurista, da medico, da professore universitario, da utente di servizi pubblici in dismissione) quali sono le iniziative e le misure da estendere e generalizzare: riapertura di un’azienda promuovendo la costituzione di una cooperativa come alla Rational, lotta per la nazionalizzazione di aziende come la ex-Lucchini o di Alitalia, lotta per tenere aperto un ospedale che le istituzioni vogliono chiudere come il S. Gennaro di Napoli, autorganizzazione dal basso di iniziative per la prevenzione e la tutela della salute come gli ambulatori medici popolari, di iniziative di aggregazione sociale, di gestione di parchi e del patrimonio artistico, non applicazione di leggi palesemente anticostituzionali come i decreti Minniti su immigrazione e sicurezza, ecc.
Risposta di De Magistris al decreto Minniti “sono le torsioni autoritarie e io non sottovaluto le due leggi approvate su immigrazione e sicurezza. Molti sindaci sono già tutti pronti ad emettere ordinanza, dove la persona umana se è fragile diventa una persona che contrasta il decoro, invece la nostra azione è il contrario. Noi dobbiamo andare a operare laddove c’è degrado, siamo pronti a emettere ordinanze contro la legge Minniti e laddove c’è degrado noi ordineremo ai soggetti privati di portare benessere, bellezza e decoro sui beni materiali che producono degrado!”.
Mille iniziative di base per attuare la Costituzione. L’esempio del Comitato dell’Ospedale San Gennaro di Napoli. Intervento di Luca Mandara del Comitato S. Gennaro. Intervengo a nome del Comitato contro la chiusura dell’ospedale S. Gennaro che è stato istituito nel settembre del 2016. Ci siamo costituiti per far fronte ai piani del governo centrale e, soprattutto, del governo regionale che quest’estate ha definitivamente deciso di procedere alla privatizzazione della sanità pubblica in perfetto stile neoliberale. E’ un fatto assolutamente anticostituzionale, se vogliamo porre la questione in termini costituzionali, perché viola il principio fondamentale contenuto nell’articolo 32 che non è tanto il diritto individuale alla salute, ma il riconoscimento del diritto dell’individuo alla salute come interesse della collettività e non dei privati.
Noi non lottiamo per la Costituzione, ma per le nostre vite che sono messe drammaticamente in discussione da queste manovre di macelleria sociale!
Noi della Costituzione recuperiamo, invece, la memoria di coloro che l’hanno materialmente scritta che non sono stati solamente i padri costituenti. Sono stati i milioni di italiani morti durante la seconda guerra mondiale sulle montagne, sulle Alpi, con i fucili per difendere la loro vita e la loro speranza di una vita migliore e più democratica. Loro non hanno combattuto per la patria. La patria fascista li aveva lasciati a loro stessi, alla macelleria della guerra.
Noi vi proponiamo un percorso diverso di applicazione della Costituzione. Il soggetto che applica la Costituzione non sono i governi centrali. Noi non aspettiamo che dall’alto ci vengano a regalare la Costituzione. La Costituzione l’abbiamo scritta settant’anni fa e adesso pretendiamo di riscriverla di nuovo. In che modo? Costituendo dei comitati di base in tutte le realtà di lotta come il S. Gennaro. Comitati che stanno organizzando, insieme ai lavoratori delle strutture ospedaliere, dei piani di riqualificazione degli ospedali. Noi ne abbiamo scritto uno insieme ai lavoratori, non l’abbiamo subito dall’alto. Adesso lo proporremo all’alto e ce lo andremo a prendere con le lotte.
Inoltre, l’obiettivo è quello di costruire un coordinamento dei comitati a livello regionale. Il Comitato Sanità campana, recentemente costituito, si pone l’obiettivo di costruire un piano regionale della salute attraverso una mobilitazione di carattere regionale. Il piano lo stiamo scrivendo, non vi stiamo raccontando speranze. Esso si baserà sul concetto, questo si costituzionale, di salute, non su quello di sanità. La salute è un concetto più vasto in cui determinanti sono i fattori economici, ambientali e psicofisici.
Altro capitolo è quello della prevenzione. Perché il piano sanitario regionale non prevede niente in termini di prevenzione? Non è più efficace e meno costoso curare il malato a monte invece che a valle? O forse il piano non è volto ad economizzare i costi ma a privatizzare e mercificare la salute e a combattere contro le classi subalterne, che di queste politiche subiscono gli effetti? E allora passiamo, in conclusione, alle proposte. Se l’amministrazione comunale di Napoli vuole partecipare a questo processo, bene! Ascolti le nostre proposte, ovvero:
- rendere pubblici i referti epidemiologici. Ci servono perché dobbiamo fare un piano basato sulle esigenze dei territori;
- dare al comitato sanità campana un’aula pubblica dove fare assemblee aperte a tutta la cittadinanza;
- aiutare tutte le municipalità a costituire assemblee popolari in cui la popolazione possa dire la sua e insieme alle amministrazioni progettare il loro futuro.
Noi i nostri diritti ce li veniamo a prendere! Non aspettiamo che voi ce li diate!
Ogni progetto di applicazione della Costituzione, per non essere velleitario o illusorio, deve fondarsi sulla partecipazione e mobilitazione popolare, come mostrano le esperienze del comitato San Gennaro e degli operai Rational. Questo, tradotto nel campo della costruzione di Amministrazioni locali che attuano la Costituzione, significa alimentare il protagonismo popolare (che già è in sviluppo in mille forme e in tutto il paese) in linea con l’art. 3. della Costituzione che prevede la “rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Usare anche le elezioni amministrative per rafforzare la mobilitazione e il protagonismo delle masse popolari. L’11 giugno circa mille comuni andranno al voto per il rinnovo delle amministrazioni locali. Per tutti i candidati e le liste decise ad assumere un ruolo positivo nei governi locali, la partita non si gioca sui programmi elettorali “buoni per tutte le stagioni”, né nell’elenco di tutte le cose che “si faranno domani”, ma in quanto già oggi mettono in campo iniziative di obbedienza alla Costituzione e quindi di rottura con la legalità corrente, mettendosi a disposizione delle masse popolari, alimentando quindi il fermento in corso in tutto il paese e moltiplicando i comuni e le città per l’attuazione della Costituzione e traducendone i principi progressisti in misure e azioni concrete (organizzazione di disoccupati, sostegno alle aziende in crisi, resa pubblica dei dati sul patrimonio immobiliare sfitto o abbandonato, ecc..). Questo è il marchio che devono avere i candidati che aspirano a essere la nuova classe dirigente e questa è la partita che si gioca in importanti comuni del nostro paese come Genova, Palermo, Parma,Verona, Taranto. Mobilitazione e organizzazione delle masse popolari è anche la parola d’ordine con cui interveniamo dove ci sono nostre Sezioni: Carrara (MS), Pistoia e Sesto San Giovanni (MI).
Il censimento del patrimonio comunale, una base per le amministrazioni locali di rottura. Il censimento del patrimonio immobiliare abbandonato è una misura pratica per far fronte all’incuria e al degrado che abbondano nelle città, Paolo Berdini (Osservatorio Beni Comuni, ex assessore al Comune di Roma) è intervenuto su questo argomento: “Dobbiamo passare dalla fase difensiva a quella di ricostruzione. Sono 4 i pilastri che devono tenere una nuova visione della città.
- Una buona legge per definire il patrimonio urbano deve partire dal censimento delle proprietà pubbliche, non è possibile (questa è stata la mia esperienza molto travagliata nel comune di Roma) che i comuni non conoscano il patrimonio immobiliare, quello comunale, delle provincie, delle regioni e dello stato. Non c’è un sistema che ci permette di fare chiarezza su questo, ma nonostante non utilizziamo bene il patrimonio pubblico affittiamo a carissimo prezzo il patrimonio privato della speculazione immobiliare, questa è l’Italia che ho trovato nella capitale del paese. L’intenzione di vendere un bene pubblico deve essere sottoposta al referendum confermativo, non è possibile che continuiamo a vendere senza avere riscontro del consenso democratico dei beni che appartengono a tutti e sono l’ossatura di uno stato democratico.
- Sulla base di scelte scellerate abbiamo cancellato il welfare urbano, abbiamo chiuso scuole, stiamo chiudendo uffici postali, ecc. e quindi la ricostruzione del welfare è l’altro pilastro. I comuni prima di fare il piano urbanistico e le cubature che danno ricchezza ai privati, devono dire qual è la ricchezza pubblica, dire se lì sono riconosciuti i diritti alla popolazione.
- La possibilità di riutilizzare i beni privati abbandonati è ormai la questione centrale di tutte le città perché altrimenti aspettiamo l’ennesima deroga…perché con il piano casa un’industria abbandonata può diventare un grande residence di lusso ma noi dobbiamo conoscere il quadro delle cose abbandonate nelle nostre città e intervenire come un bisturi, riacquisire al pubblico i beni abbandonati, perché il degrado vero è l’abbandono di una funzione pubblica imminente.
- la soluzione ai diritti basilari come la sanità, le scuole… dobbiamo cominciare a pensare all’altra fase del diritto alla città, non basta più che soddisfiamo le funzioni standard del pubblico, ma dobbiamo rispondere alle nuove richieste, risolvere i problemi della mobilità tra centro e periferia e risolvere i problemi della vita quotidiana della gente che vive in periferia. Dobbiamo dare una prospettiva a questo nostro paese!”
La prospettiva di cui parla Berdini ha risvolti molto pratici: il censimento del patrimonio immobiliare abbandonato è una strada per promuovere la partecipazione delle organizzazioni popolari, dei sindacati e comitati inquilini, del movimento di lotta per la casa, dei comitati di quartiere e si combina con la possibilità di creare nuovi posti di lavoro (sia nell’esecuzione del censimento che nella riacquisizione, fino alla definizione e messa in opera coerente con l’uso sociale a cui destinare gli immobili).
De Magistris, rivolgendosi agli amministratori, afferma: “Rottura del sistema politico e questione morale con i fatti e non a chiacchiere! Per fare le cose che stiamo facendo ci vuole coraggio, dobbiamo creare reti di solidarietà e fare in modo che chi viene chiamato ad avere delle responsabilità possa utilizzare anche il diritto come strumento rivoluzionario e quindi fare la rivoluzione governando, altrimenti rischiamo quello che sta succedendo a Roma. Noi dobbiamo dimostrare che si può attuare la Costituzione dall’interno delle istituzioni connettendosi con i movimenti popolari e avere l’ambizione, con umiltà e passione, anche conoscendo i nostri limiti, che è venuto il momento di costruire un movimento popolare che progressivamente riesca a trasformare il nostro paese. Oggi i cittadini chiedono cambiamento, innovazione, rivoluzione e affidabilità, noi a Napoli ci siamo. Non abbiamo paura, siamo la città delle 4 Giornate e oltre alla resistenza sappiamo fare il contrattacco”.