Le assemblee operaie di Firenze e di Bologna

Nelle due settimane successive alla firma dell’accordo truffa del contratto dei metalmeccanici (26 novembre) ci sono state due assemblee operaie per organizzare la campagna di propaganda e mobilitazione in vista del referendum (19 – 21 dicembre: quando scriviamo le votazioni sono avvenute già in alcune aziende, ma il grosso manca): la prima organizzata dall’area Sindacato è un’Altra Cosa (SAC), minoranza nella CGIL il 6 dicembre a Firenze, e la seconda organizzata dall’USB il 17 a Bologna.

Il contesto in cui si sono svolte le assemblee: una vasta ondata di sdegno che ha rigettato la proposta della FIOM, le prese di posizione dei direttivi provinciali di Genova e Trieste e del Comitato degli iscritti alla Fincantieri di Muggiano (SP), la sottoscrizione di un appello per il NO all’ipotesi di accordo da parte di molti delegati sindacali. La direzione della FIOM ha pensato bene di “rimediare” al malcontento evidente e dilagante con una circolare interna che diffidava i direttivi provinciali dal discutere ordini del giorno contrari all’ipotesi di accordo e organizzando (imponendo) la partecipazione alle assemblee di fabbrica dei soli esponenti del SI’.

Il fronte del NO all’accordo è ben più ampio di quanto i vertici FIOM credessero e raccoglie, in ordine sparso, anche iscritti FIM (CISL) e UILM (UIL). Cioè: la partita è tutta da giocare.

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Il contenuto delle assemblee operaie. Da entrambe le riunioni sono emersi elementi convergenti: entrambe erano inizialmente state convocate come “iniziative aperte” indipendentemente dall’appartenenza sindacale e sono diventate strada facendo riunioni rivolte principalmente agli iscritti dell’area sindacale che le ha promosse; da entrambe sono emerse le medesime questioni per cui l’ipotesi di accordo è inaccettabile (dalle 80 ore di straordinario comandato all’anno agli aumenti legati all’indice IPCA – quindi nessun aumento salariale fisso – alle limitazioni offensive della legge 104 sull’assistenza ai parenti malati); da entrambe è emersa la consapevolezza che i brogli referendari sono ben più che un rischio, anche perché le votazioni vengono fatte in un periodo in cui, per un motivo o per un altro, alcune grandi aziende sono chiuse o con un numero di operai impiegati ridottissimo (il caso della Piaggio di Pontedera è solo uno). Da entrambe è emersa la questione di come organizzarsi per respingere l’attacco sia sul piano referendario (far vincere il NO: posizione espressa principalmente dall’assemblea di Firenze del SAC, dato che l’USB non riconosce neppure la legittimità del referendum), che soprattutto sul piano della mobilitazione, dell’organizzazione e del coordinamento.

A questo proposito, aggiungiamo noi che abbiamo partecipato a entrambe, davvero preziosa la presenza di operai (pochissimi, una minoranza) iscritti FIOM che hanno partecipato all’assemblea di Bologna e quella di operai iscritti USB che hanno partecipato all’assemblea di Firenze (c’erano anche degli iscritti FIM). Preziosissima l’iniziativa del Comitato operaio della FCA (leggi articolo) che si è trasformato da “Comitato operaio per il NO alla riforma Costituzionale” a Comitato operaio FCA”, cioè si è dato l’obiettivo della continuità e ha assunto la lotta contro l’accordo firmato dalla FIOM, FIM e UILM benché la FCA, uscita da Confindustria, non ne sia coinvolta.

Nell’assemblea del SAC è emersa la decisione di propagandare al massimo delle possibilità le posizioni del NO, andando nel maggior numero di fabbriche possibili; gli operai della GKN di Firenze hanno fatto un appello pubblico in questo senso, che i nostri compagni della Federazione Toscana hanno raccolto andando a diffondere insieme i rispettivi volantini sul NO davanti alla Selex (ex Galileo) e alla GE. Nella prima occasione erano presenti proprio dei compagni dell’USB e ciò ha permesso di coprire adeguatamente le due entrate e raggiungere pressochè tutte le centinaia di operai che entravano.

Nell’assemblea promossa dall’USB è emersa più marcatamente la linea di costruire nelle aziende una alternativa sindacale credibile, alternativa che USB si candida ad essere.

Nelle fabbriche e fuori. Nonostante gli sforzi della dirigenza FIOM di impedire che le ragioni del NO fossero espresse nelle assemblee (si è visto un po’ di tutto: assemblee e voto organizzati in un unico momento di 15 minuti, assemblee a cui la FIOM non si è presentata, assemblee dove un solo intervento, osteggiato e mal sopportato, a favore del NO all’accordo ha spostato l’orientamento degli operai che hanno letteralmente cacciato i promotori del SI’), dove si è già votato, dai dati che sono trapelati (a fatica) si delinea una vittoria del NO in alcune importanti aziende (SAME a Treviglio, Electrolux di Susegana, Tenaris – Dalmine a Bergamo) e in molte, soprattutto piccole e medie, benchè non abbia vinto, ha raggiunto percentuali non trascurabili.

Questa è la base materiale su cui poggiano le prospettive delineate dalle assemblee operaie: dare continuità al percorso intrapreso, promuovere una riunione di bilancio del lavoro fatto e di definizione di linee di sviluppo.

Ottimo, aggiungiamo noi, anche alla luce del fatto che il CCNL dei metalmeccanici è da sempre “ago della bilancia” per la definizione di tutti gli altri CCNL: sono in ballo, con colpi di mano similari a quello della FIOM per i metalmeccanici, quello della Pubblica Amministrazione e quello dei lavoratori dell’Igiene Ambientale (con un rinnovo che prevede l’aumento dell’orario di lavoro settimanale) e anche altre categorie sono “sul piede di guerra”.

La classe operaia ha la responsabilità di mettersi alla loro testa: è possibile ed è necessario.

Le divisioni in orticelli sindacali o categorie sono nefaste e questo è chiaro anche ai lavoratori, che vedono tanti compagni perdere tempo discutendo sulle differenze di bandierina, piuttosto che su ciò che li accomuna. A partire, questa è la sostanza, dalla necessità di prendere saldamente in mano il testimone della mobilitazione contro la riforma costituzionale e la mobilitazione per applicare le parti progressiste e democratiche della Costituzione. Prima di tutto nelle aziende e nei posti di lavoro.

10, 100, 1000 comitati operai come quello della FCA!
Dopo una lunga “gestazione” fortemente contrastata dai vertici FIOM (vedi Resistenza n. 6/2015), il Coordinamento degli operai FCA del sud Italia è diventato il primo Comitato Operaio per il NO alla riforma Costituzionale (iniziando a superare anche i confini geografici) e dopo il 4 dicembre ha annunciato che avrebbe continuato ad operare per perseguire gli obiettivi della mobilitazione dei mesi precedenti. Prima battaglia: respingere l’ipotesi di accordo del CCNL firmata dalla FIOM (oltre che FIM e UILM). Scelta giusta e particolare, dato che la FCA è uscita da Confindustria e il nuovo CCNL “non riguarda” gli operai FCA. Ma, da operai coscienti e avanzati, sanno che il CCNL dei metalmeccanici riguarda tutti, come la battaglia per difenderlo (come istituto) e migliorarlo (come contenuto). Ecco in poche righe il motivo del titolo di questo articolo, per niente “rituale”, ma molto concreto: gli operai FCA hanno aperto una strada che spinge a guardare avanti e dall’alto il percorso che la classe operaia può compiere, che compirà.

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