“Grande è la confusione sotto il cielo”, non dobbiamo temere la lotta di classe, dobbiamo osare lottare, dobbiamo osare vincere!
Come descriveresti la situazione politica generale? Sembra che tutto sia fuori controllo, crescono il marasma e la confusione…
Sì, mille manifestazioni in tutti i campi dimostrano due cose: che la società non può più continuare a esistere per come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi; che l’attuale classe dominante, la borghesia imperialista, non è capace di mantenere il livello di civiltà che l’umanità ha raggiunto e tantomeno attuare un cambiamento positivo al corso delle cose. Al contrario, ogni soluzione che impone aggrava il decorso della crisi e alimenta la devastazione e la tendenza alla guerra mondiale. Il mondo sotto la direzione della borghesia va nell’unica direzione in cui la borghesia lo porta: sfruttamento, devastazione dell’ambiente, miseria e guerra. Questo è il capitalismo!
Ma sono mille anche le manifestazioni della riscossa delle masse popolari che favoriscono la rinascita del movimento comunista a livello internazionale e nel nostro paese.
Siamo in una fase di passaggio: o il movimento comunista orienta e dirige il movimento spontaneo che le masse popolari oppongono alla crisi e ai suoi effetti distruttivi per instaurare il socialismo, oppure sarà la classe dominante a prendere la direzione di quella mobilitazione, trascinando popoli e nazioni nella guerra con cui cercherà di risolvere, temporaneamente e a prezzo di enormi distruzioni, la crisi del suo sistema economico, politico e sociale.
Fra le due strade la mobilitazione reazionaria è possibile, ma la borghesia imperialista ha enormi difficoltà a intruppare e mobilitare le masse popolari nelle sue scorribande, al contrario aumentano l’insofferenza, la diffidenza e la ribellione al suo dominio. La mobilitazione rivoluzionaria ha condizioni estremamente favorevoli e solide premesse per dispiegarsi, il principale limite sta nella debolezza del movimento comunista cosciente e organizzato, cioè l’insieme dei partiti e delle organizzazioni che si propongono la marcia verso il comunismo come loro obiettivo, con il rispettivo patrimonio di concezioni, analisi, linee e metodi per realizzarlo, con un complesso di relazioni e con la corrispondente divisione dei compiti: organizzazioni di massa e partito comunista.
Quali sono queste condizioni favorevoli e solide premesse?
Come ho già detto, la borghesia imperialista, il suo clero, i suoi istituti, autorità e istituzioni non hanno possibilità di governare la crisi che travolge la società. Occorrono nuove forme di governo che promuove, dirige e organizza un nuovo modo di produzione e un nuovo ordinamento sociale che siano corrispondenti al carattere collettivo raggiunto dalle forze produttive e al progresso che l’umanità ha raggiunto. Ad esempio, la decisione di cosa produrre, come, in che quantità e come distribuire il prodotto oggi è nelle mani di un ristretto gruppo di individui, di capitalisti associati o singoli, che decidono in ragione dei loro specifici e ristretti interessi particolari, in ragione del loro profitto. Ma la produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza, beni e servizi utili alla vita di ognuno, ormai coinvolge e riguarda direttamente la collettività. Anzi proprio il fatto che la collettività sia estromessa da queste decisioni genera le storture, le ingiustizie, le prevaricazioni e la barbarie della società attuale. Tutto spinge per il superamento del modo di produzione capitalista, sia per porre fine al marasma della crisi, sia per consentire un ulteriore sviluppo dell’umanità. Certo, per cambiare modo di produzione è necessario che a governare la società siano le masse popolari, organizzate in apposite istituzioni e dirette dal loro partito comunista, è necessario un cambiamento al comando: non più la borghesia, ma il proletariato e le masse popolari che impongono i loro interessi, quelli della stragrande maggioranza della popolazione. Questo è il socialismo, i suoi pilastri portanti sono
1. il potere in mano alle masse popolari organizzate e in primo luogo alla classe operaia organizzata attorno al suo partito comunista che ha il compito principale di reprimere i tentativi di rivincita della borghesia imperialista e del clero e di promuovere l’universale partecipazione delle masse popolari alle attività da cui le classi dominanti le hanno sempre escluse,
2. la sostituzione dell’azienda creata e gestita dal capitalista per aumentare il suo capitale con l’unità produttiva costruita e gestita dai lavoratori organizzati che lavora secondo un piano pubblicamente deciso per produrre tutti e solo i beni e i servizi necessari alla vita dignitosa della popolazione e ai rapporti di solidarietà, di collaborazione e di scambio con gli altri paesi,
3. la partecipazione crescente di tutta la popolazione alla gestione, alla direzione e alla progettazione della vita sociale e al resto delle attività propriamente umane.
Le condizioni oggettive del socialismo in Europa esistono da più di un secolo, per la vittoria della rivoluzione socialista il fattore decisivo sono le condizioni soggettive. Il motivo per cui la classe operaia non ha ancora instaurato il socialismo in nessun paese imperialista sta nella difficoltà particolare che incontra, proprio nei paesi imperialisti, a costruire un partito comunista all’altezza del suo compito e del suo ruolo. Un partito che non si occupa di creare nella massa del proletariato l’organizzazione e la coscienza necessarie, tradisce la sua missione. Questo implica un cambiamento nella concezione e mentalità degli elementi più attivi e dinamici delle masse popolari che li porta a trasformarsi da classe sottomessa e succube a classe dirigente.
Debolezza del movimento comunista implica che la prospettiva del socialismo non sia ambizione e obiettivo diffuso fra le larghe masse popolari. E’ possibile instaurare il socialismo se la maggioranza delle masse popolari non prende attivamente parte alla rivoluzione?
No, non è possibile. Ma non confondiamo le condizioni oggettive con le difficoltà soggettive. Il fatto che il movimento comunista oggi sia ancora debole, inadeguato per dirigere le masse popolari nella costruzione della rivoluzione socialista non significa che la rivoluzione socialista non sia possibile. Faccio un esempio che prendo a prestito dalle scienze naturali: un uovo fecondato è un uovo, non possiamo spacciarlo per un pulcino né per una gallina, ma quell’uovo è già anche qualcosa che non è ancora. Non sarà un uovo per sempre, in determinate condizioni si schiuderà e diventerà un pulcino, altrimenti dopo un certo periodo di tempo marcirà. Quell’uovo si trasformerà secondo le leggi proprie della sua trasformazione. Allo stesso modo oggi il socialismo non è un’aspirazione cosciente, non è ancora un obiettivo diffuso e chiaro tra le masse popolari e neanche tra gli elementi combattivi, lo diventerà man mano che avanziamo nella costruzione della rivoluzione socialista, che passa tramite 1. lo sviluppo, il rafforzamento e il coordinamento delle organizzazioni operaie e popolari che si concepiscono e agiscono da Nuove autorità pubbliche, 2. la propaganda del socialismo come futuro dell’umanità e 3. l’accumulo delle forze rivoluzionarie. Oggi sostenere che la rivoluzione socialista è impossibile, come fanno partiti e esponenti della sinistra borghese, vuol dire sostenere che trasformare la società è impossibile, che il capitalismo è un sistema eterno, voluto da dio… come sostenevano imperatori, re e papi prima delle rivoluzioni borghesi. Certo le leggi della trasformazione del mondo, le leggi della rivoluzione socialista, in parte sono state scoperte grazie ai successi e alle sconfitte della prima ondata della rivoluzione proletaria, rimangono da scoprire e sperimentare quelle che attengono alla rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. Nessuno scienziato si approccia allo studio di un qualunque fenomeno o processo con la convinzione che sia impossibile conoscerlo, spiegarlo e imparare a dirigerlo. Così i comunisti devono applicare principi, criteri, leggi universali elaborate dalla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale, cioè nell’arco dal 1900 al 1950, e devono scoprire quelle necessarie a fare quel pezzo che il movimento comunista non ha mai fatto: costruire la rivoluzione socialista in un paese imperialista come il nostro. I comunisti dei paesi imperialisti devono elevarsi intellettualmente e moralmente per far fronte al regime di controrivoluzione preventiva che la borghesia ha costruito come barriera all’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti.
Da qui si aprono vari argomenti che sarebbe interessante approfondire: la questione dell’unità dei comunisti; la questione della strategia e della tattica per costruire la rivoluzione socialista in Italia, o in altri termini la relazione fra costruzione del Governo di Blocco Popolare (GBP) e costruzione del socialismo; il ruolo dei comunisti oggi, cioè cosa vuol dire essere e fare i comunisti? Quale vuoi trattare per primo?
In effetti sono tutte questioni legate a un punto di partenza comune: la rivoluzione socialista è possibile, il socialismo è necessario per aprire un nuovo corso all’evoluzione umana, il comunismo è il futuro dell’umanità. Già su questa sintesi, ad esempio, c’è da discutere, e si discute, con la grande maggioranza di quelli che si definiscono comunisti, siano organizzati in partiti, collettivi, ecc., siano “cani sciolti”. Parto da qui, ma faccio un passo indietro “ai fondamentali”: il comunismo non è un’opinione, un valore, un ideale, una visione critica dell’esistente, una spinta riformatrice…. Marx già 160 anni fa diceva: “i filosofi hanno dato tante e varie interpretazioni del mondo, la questione è cambiarlo”. Ecco, chi non è convinto che il socialismo sia possibile, non può porsi realisticamente la questione di cambiare il mondo… la granitica certezza che il comunismo è il futuro dell’umanità non è un atto di fede, ma il risultato dello studio scientifico della natura e sviluppo della società borghese, del capitalismo. Quindi, in ordine: sull’unità dei comunisti. Chiaro che non è unità di quelli che protestano contro le ingiustizie del capitalismo, ma di quelli che si dotano dei mezzi morali, materiali, intellettuali e organizzativi per trasformare il mondo. L’unità non è un processo aritmetico, quantitativo: “ci mettiamo assieme e siamo di più, più siamo e più è possibile fare la rivoluzione”; due o tre debolezze sommate non fanno una forza… ma un processo ideologico, qualitativo: unità su concezione del mondo, analisi, strategia, metodi e obiettivi. A questo proposito noi promuoviamo l’unità dei comunisti partendo dal confronto su quattro temi su cui è necessario avere unità di indirizzo: 1. il bilancio del movimento comunista, cioè della prima ondata della rivoluzione proletaria e dei primi paesi socialisti, la crisi del movimento comunista e il revisionismo moderno, la rinascita del movimento comunista sulla base del marxismo-leninismo-maoismo; 2. la teoria della crisi generale del capitalismo nell’epoca imperialista e della connessa situazione rivoluzionaria in sviluppo; 3. il regime di controrivoluzione preventiva instaurato dalla borghesia nei paesi imperialisti; 4. la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Non li tratto qui nel dettaglio perché la letteratura della Carovana del (nuovo)PCI è ricca di materiale e pure Resistenza ne tratta spesso. Chi parla di unità dei comunisti e lo fa seriamente, intende dire che seriamente vuole entrare nel merito del suo bilancio e indicare la linea che ne ricava per i compiti di oggi su questi quattro temi. Ancora oggi, a distanza di 35 anni, da alcuni compagni ci sentiamo ripetere che “bisogna fare il bilancio della sconfitta degli anni ‘70”, non solo non fanno un loro bilancio, ma non entrano nel merito del bilancio che noi della Carovana abbiamo fatto o di quello fatto da esponenti della dissociazione, quelli che sostengono “che si è trattato di un periodo storico particolare, che la borghesia aveva vinto, che la classe operai non era più rivoluzionaria”, ecc.
Poi c’è la questione della relazione fra linea del GBP e strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria. Attiene strettamente al bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, all’analisi della situazione attuale e ai compiti dei comunisti oggi. Il discorso è: la crisi generale del sistema capitalista è entrata nella sua fase acuta e irreversibile, sconvolge e travolge il mondo, le masse popolari sono in mobilitazione crescente, la borghesia imperialista spinge la società verso la mobilitazione reazionaria e la guerra e il movimento comunista è debole inadeguato. Non possiamo aspettare che il movimento comunista diventi forte e adeguato, questa è una concezione metafisica, opportunista (“aspettare tempi migliori”), come fu quella dei socialisti opportunisti nel 1914 di fronte allo scatenarsi della Prima guerra mondiale (schierarsi con la propria borghesia per vincere la guerra e riprendere la lotta contro la borghesia dopo la guerra). Dobbiamo fare in modo che sulla base delle condizioni oggettive esistenti, non quelle che ci piacerebbero, i comunisti riescano a combinare due obiettivi di fase, tattici: sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria delle masse promossa dalla borghesia imperialista e sviluppare la via della mobilitazione rivoluzionaria delle masse, per creare le condizioni più favorevoli alla rinascita del movimento comunista. I due obiettivi tattici sono compresi e uniti nella linea del GBP: non è ciò che non può essere, cioè un governo di comunisti in un regime borghese, ma è quanto di più democratico e rivoluzionario è possibile raggiungere stante la debolezza del movimento comunista, è la massima espressione possibile di potere popolare stante il permanere dei rapporti sociali capitalisti. E’ un governo di emergenza che ha la specifica funzione di far compiere su ampia scala un’esperienza di governo della società alle masse popolari organizzate, attraverso di essa imparano a diventare classe dirigente, imparano, con la cura, la formazione e l’organizzazione dei comunisti, a combattere per il socialismo. Attenzione, non bisogna confondere il GBP con il socialismo! Il GBP non è il governo dei comunisti: è il governo espressione di quella parte di masse popolari organizzate e composto da quei personaggi che godono di maggiore prestigio e di cui esse hanno maggiore fiducia. Prestigio e fiducia sono decisivi perché i componenti del GBP devono rispondere del loro operato direttamente alle masse popolari, non alle istituzione della Repubblica Pontificia, ai comitati di affari e ai circoli della finanza. Senza essere inquadrato nella strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria il GBP sarebbe né più ne meno che una sparata riformista… la qualità sostanzialmente diversa gliela conferisce il fatto di avere come attori principale la miriade di organizzazioni operai e popolari e di essere promosso dai comunisti per compiere un passo avanti nella rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato.
… poi c’è il terzo aspetto: il ruolo dei comunisti oggi, anche se la questione si è già delineata…
Si, ma prima voglio concludere un ragionamento. Il GBP non può essere chiesto o rivendicato: deve essere imposto come soluzione di governabilità del paese ad opera delle organizzazioni operaie e popolari, un paese che le organizzazioni operaie e popolari rendono ingovernabile con la loro iniziativa cosciente e che si combina alla ingovernabilità dall’alto, risultato della guerra per bande della classe dominante. Un concetto importante è che non è la borghesia a essere forte; sono le masse popolari che non sanno ancora far valere la loro forza.
Arriviamo così al ruolo dei comunisti oggi. Ci si arriva a questo punto anche per ricostruzione logica: i comunisti hanno il compito di conoscere, assimilare e usare la scienza propria del movimento comunista per formare, educare e organizzare le masse popolari nella lotta per il socialismo, che in questa fase specifica e precisa è lotta per imporre alla classe dominante il GBP. Vuol dire diventare capaci di dirigere, orientare, mobilitare le larghe masse in questa opera. Vuol dire imparare a orientarne la pratica e ad elevarne la coscienza (combinare i due aspetti è una scienza che solo i comunisti possono applicare). Vuol dire saper analizzare la situazione, trovare i punti di forza per noi, i punti deboli del nemico, le crepe, gli appigli, le numerose tendenze positive su cui fare leva. Vuol dire mettersi alla scuola delle masse popolari, elaborare la loro pratica e i loro pensieri, aspirazioni e ideali e promuoverli come sintesi e orientamenti, parole d’ordine e obiettivi.
Per diventarne capaci di fare questo e assolvere al loro ruolo, i comunisti devono perseguire uno specifico percorso di riforma intellettuale e morale: studiare, assimilare e mettere in pratica i principi, i criteri, le leggi della concezione comunista del mondo.
Così hai già introdotto la domanda sul percorso che il Partito ha compiuto nell’ultimo anno, dal IV Congresso. Passi avanti, scoperte, nodi da sciogliere?
Il IV Congresso è stato un passaggio importante perché nella sua preparazione abbiamo sintetizzato molti elementi di bilancio dell’esperienza della Carovana del (nuovo)PCI, alla quale il P.CARC è sempre appartenuto e ha dato il suo contributo, e abbiamo definito le caratteristiche del Partito che dobbiamo diventare per essere adeguati a promuovere vittoriosamente la costituzione del GBP e a dirigere le masse popolari a un livello superiore nella lotta per il socialismo. Dopo il IV Congresso abbiamo aperto e dispiegato la lotta tra le due linee nel Partito che si sostanziava fra la linea arretrata (destra) di fare un po’ meglio quello che già facevamo, vedere una sostanziale continuità con il passato e la linea avanzata (sinistra) di imparare a fare cose che non sapevamo ancora fare per essere realmente i promotori della costituzione del GBP, essere promotori della riforma intellettuale e morale necessaria ai comunisti per diventare per avanzare nella rivoluzione socialista. Qui riassumo molto sinteticamente i principali sommovimenti prodotti dal contrastare la prima e perseguire la seconda linea, il movimento che ha accompagnato il percorso e l’esperienza dell’anno (nella campagne, nel dibattito interno, nell’esperienze innovative quali i corsi ritiro, nel lavoro fatto tra gli operai e nel movimento sindacale, tra i giovani delle scuole medie superiori e delle università, ecc.). Lotta ed esperienze che i lettori di Resistenza hanno potuto seguire dalle pagine del giornale.
Una lotta che ci ha fatto toccare con mano l’importanza che ha lo studio, l’assimilazione e l’applicazione della scienza con cui gli uomini e le donne fanno la loro storia (concezione comunista del mondo) per affrontare i problemi che i lavoratori e le masse popolari incontrano nelle loro relazioni sociali e nella lotta che conducono per difendersi dagli attacchi della borghesia e per trasformare il mondo trasformando loro stessi.
Oggi abbiamo una maggiore consapevolezza di cos’è l’adesione identitaria, quali limiti impone e come trasformarla, attraverso lo studio, il lavoro collettivo, le esperienze tipo e il bilancio dell’esperienza, in adesione cosciente. Abbimo maggiore comprensione di quanto e come è necessaria l’adesione cosciente per affrontare con consapevolezza e scienza i problemi all’interno del Partito e quelli che incontriamo con le masse che conducono le loro battaglie, la lotta di classe.
Abbiamo una maggior comprensione della combinazione e distinzione tra il (nuovo)PCI, il partito che dalla clandestinità dirige la Guerra Popolare Rivoluzionaria, e il P.CARC, il partito di comunisti che assume la costituzione del GBP come suo obiettivo immediato e l’instaurazione del socialismo come obiettivo storico. Abbiamo più chiara l’importanza dell’esistenza, della differenza e della comune azione, stanti le condizioni concrete della lotta di classe del nostro Paese e la debolezza del movimento comunista, di due partiti di comunisti.
Abbiamo complessivamente fatto importanti passi avanti e siamo consapevoli che dobbiamo consolidarli e svilupparli ancora.
Possiamo dire che il “dipende da noi”, cioè il ruolo dei comunisti nella costruzione del GBP, è oggi più chiaro nel Partito? Del resto sia le contraddizioni fra le fazioni dei vertici della Repubblica Pontificia che i sommovimenti nel campo delle masse popolari determinano una situazione favorevole, in cui, se il primo passo è riconoscerla e prenderne atto, l’aspetto decisivo è intervenire per imporre un certo corso alle cose. Referendum del 17 aprile, elezioni amministrative, il prossimo referendum costituzionale, la situazione internazionale dopo il Brexit, quali sono i tratti principali che caratterizzano il contesto politico?
La trasformazione che abbiamo intrapreso dopo il IV Congresso è l’aspetto decisivo di una più chiara comprensione del “dipende da noi”, dipende dai comunisti. Guardiamo al periodo dal 2009, in cui il (nuovo)PCI ha lanciato la parola d’ordine della costituzione del GBP, ad oggi: vediamo con chiarezza due cose. La prima è che in un regime politico altamente ingovernabile a causa delle contraddizioni interne alla classe dirigente, dettata dalla natura del sistema capitalista, le tendenze alla costruzione di una nuova governabilità dal basso sono ricorrenti e inevitabili. La seconda cosa è dimostrazione della prima: dal 2010 a oggi ci sono state due grandi “occasioni”, due momenti particolari in cui una combinazione di eventi e condizioni rendeva il governo di emergenza delle masse popolari organizzate una soluzione positiva, realistica, alla portata delle forze che in quel momento erano in movimento. La prima occasione è stata nel 2010, sulla spinta della mobilitazione degli operai di Pomigliano contro il Piano Marchionne che portò la FIOM ad assumere il ruolo di centro autorevole della mobilitazione di tutti i settori delle masse popolari a livello nazionale; la seconda occasione è stata la mobilitazione contro il golpe bianco di Napolitano per disinnescare il ruolo che il M5S aveva assunto dopo le elezioni del 2013. In entrambi i casi si è trattato di processi in cui a fronte delle manifestazioni della crisi politica dei vertici della Repubblica Pontificia, per una serie di fattori, le forze che godevano della fiducia delle masse popolari assunsero il ruolo di organizzarle e mobilitarle. In entrambi i casi quei centri autorevoli, la FIOM prima e il M5S dopo, si tirarono indietro, non assunsero fino in fondo il ruolo che le organizzazioni operaie e popolari avevano affidato loro. Questo è stato possibile essenzialmente per una ragione: le condizioni per costituire il GBP non erano ancora abbastanza mature, non era sufficiente il numero di organizzazioni operaie e popolari, non era abbastanza sviluppato il loro coordinamento, la loro direzione non era ancora abbastanza autonoma dai partiti e dagli organismi della sinistra borghese. In sintesi: l’influenza e il ruolo dei comunisti non erano sufficiente a spingere avanti le masse popolari organizzate affinché impedissero ai centri autorevoli di fare marcia indietro proprio nel momento decisivo. Ecco cosa significa dipende da noi.
La situazione attuale ha similitudini con le due “occasioni mancate” e anche significative differenze. Oggi nel nostro paese i centri autorevoli dell’organizzazione delle masse popolari esistono, ma non si prendono la responsabilità di mobilitarle. Questa la grande differenza, ad esempio, con la situazione francese, in cui la CGT è stata obbligata dalla classe operaia ad assumere proprio quel ruolo, e gli effetti si vedono. Le resistenze che hanno i centri autorevoli esistenti, tuttavia, non possono durare per sempre: la situazione è tanto grave che le strade sono due: o i centri autorevoli esistenti si mettono in marcia, spinti dall’iniziativa della base e degli organismi più di sinistra, oppure si formeranno altri centri e quelli attuali saranno spazzati via.
Questa è la causa dei sommovimenti che caratterizzano le organizzazioni sindacali…
Sì, dalla CGIL alla FIOM di Landini, dall’USB al SiCOBAS al SGB, ecc. Frammentazione e divisioni, espulsioni e dimissioni… in ballo non c’è la formazione di un sindacato più “duro e puro”, ma l’assunzione da parte della sinistra del movimento sindacale di un ruolo politico coerente con il corso oggettivo delle cose, cioè che superi il rivendicazionismo e alimenti la lotta per il GBP… Non si tratta più, ormai da alcuni anni, di rivendicare o difendere quello che abbiamo conquistato con dure lotte, ma di prendere in mano il governo a livello locale nazionale del Paese.
Torniamo alla situazione politica?
Anzitutto, una questione di concezione che serve a inquadrare il discorso: ci sono dirigenti politici, sindacali, portavoce di movimenti ecc. che basano i loro ragionamenti sul fatto che il futuro del paese dipende da quello che farà o non farà la classe dominante. Questa impostazione è sbagliata, fuorviante e porta alla disfatta. Il futuro del paese dipende da quello che faranno o non faranno le masse popolari organizzate! La classe dominante per governare ha bisogno del sostegno, della collaborazione o almeno della rassegnata indifferenza della grande parte della popolazione. La classe dominante ha bisogno di una certa partecipazione delle masse popolari alla democrazia borghese, ma riesce sempre meno a controllare l’esito di elezioni e referendum. Per quanti mezzi impieghi per intimidire, intossicare, deviare le masse non riesce a venirne a capo. L’elezioni amministrative in Italia, il referendum del 23 giugno in Gran Bretagna (Brexit), ma anche le elezioni spagnole del 26 giugno lo confermano. Questa impostazione non è un esercizio di stile, ma decide dell’analisi della situazione che si fa, degli aspetti che si considerano per tirare una sintesi della situazione in cui si interviene: importante analizzare le contraddizioni, i sommovimenti e le prospettive nel campo della classe dominante, ma il fattore decisivo è analizzare problemi, contraddizioni, tendenze positive e prospettive nel campo delle masse popolari e definire come intervenirvi per fare avanzare la loro mobilitazione in favore del processo rivoluzionario.
Per quanto riguarda i vertici della Repubblica Pontificia non mi dilungo perché la questione è tratta ordinariamente ed esaurientemente su Resistenza, ogni mese; chi segue il giornale può verificare che la situazione che si è creata dopo le elezioni amministrative è quella che avevamo chiaramente indicato già da alcuni mesi.
Si è ormai sciolto come neve al sole il mito del sostegno plebiscitario a Renzi e al PD, il rottamatore e i suoi scagnozzi sono in fase di rottamazione per una parte crescente dei vertici della Repubblica Pontificia, sia quelli che lo avevano dovuto ingoiare, sia quelli che ne erano stati entusiasti sostenitori. Certo, non è ancora stato rottamato. Le fazioni della classe dominante non trovano un sostituto che vada bene a tutti. E del resto è sempre più difficile che lo trovino, dato che il procedere della crisi le costringe a dividersi e contrapporsi, non a unirsi e accordarsi.
Renzi ha attaccato frontalmente i lavoratori e le masse popolari. Nessuno si faccia ingannare dal fatto che in Italia non ci sono gli scioperi e le mobilitazioni di estensione e intensità simili a quelle in corso in Francia, la mobilitazione, la protesta, la ribellione sono ampie e diffuse, manca un centro autorevole che la aggreghi, la sostenga e la sviluppi.
E qui andiamo a trattare le condizioni nel campo delle masse popolari, che è quello decisivo e presenta i maggiori sommovimenti e gli appigli per la nostra azione. Ne cito qui tre, di questi sommovimenti, che servono a inquadrare gli aspetti innovativi e di prospettiva. Il primo è la mobilitazione della classe operaia per il rinnovo del CCNL. Alta adesione agli scioperi, alta partecipazione alle manifestazioni, una evidente combattività nonostante la direzione della FIOM sia tutt’altro che avanzata. Due aspetti particolari qualificano la differenza fra la situazione attuale e quella del passato: il Partito interviene con maggiore scienza, continuità e con più strumenti sugli operai avanzati con l’obiettivo di formare operai comunisti, di reclutare quelli che hanno la bandiera rossa nel cuore e costruire una rete di operai comunisti, di promuovere la costruzione di organizzazioni operaie che si occupano dell’azienda e che escono dall’azienda. E proprio il numero maggiore di queste organizzazioni operaie che assumono questo ruolo è il secondo aspetto di novità: la classe operaia inizia a far valere il suo ruolo, la sua organizzazione, la sua esperienza e la sua forza al servizio delle mobilitazioni di tutte le masse popolari.
Il secondo esempio che porto riguarda contenuto e forme della mobilitazione delle masse popolari nella lotta politica promossa dalla borghesia, le elezioni amministrative. E’ la prima volta che in modo tanto articolato e diffusamente si afferma la tendenza a continuare la mobilitazione dopo la campagna elettorale, che in una certa misura significa che chi incarna questa tendenza ha usato la campagna elettorale per organizzare, mobilitare e coordinare le masse popolari. Lo abbiamo fatto noi in ognuna delle città in cui siamo presenti e si svolgevano le elezioni amministrative, ma lo hanno fatto, per la prima volta così chiaramente e convintamente, anche altri. Cito qui un solo caso, quello di Napoli e del Controllo Popolare promosso dai compagni dell’exOPG.
Il terzo esempio che porto è quello del movimento NO TAV: la decisione di alcuni compagni e compagne sottoposti ad obblighi di firma o arresti domiciliari di trasgredire le prescrizioni e non fare i carcerieri di loro stessi per conto della borghesia, con una mobilitazione pubblica, politica, collettiva. E’ una rottura che ha grande valore non solo simbolico: è la traduzione pratica del passare dalla difesa all’attacco. Le leggi e le restrizioni hanno valore solo se qualcuno le rispetta. Se vengono violate non hanno più alcun valore.
Chi vuole avere una visione di prospettiva del campo delle masse popolari deve mettere in relazione questi tre esempi. E considerare che di tendenze, spunti, iniziative che vanno in questo stesso senso ne è pieno il paese e si moltiplicano.
Ci avviamo alla fine dell’intervista, Pietro. Quale conclusione….
Concludo con le parole che il compagno Mao Tse-tung aveva lanciato durante la Grande Rivoluzione Culturale, di cui cade quest’anno il 50° anniversario: “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente!”. Parole che sono un incitamento alla lotta e al non aver paura nell’affrontare il corso delle cose e costruire il socialismo. Parole che combattono i lamenti e il piagnisteo della Sinistra Borghese e dei cantori del sistema capitalista.