Durante le elezioni amministrative di Giugno, una delle esperienze più significative di applicazione della linea di usare le elezioni per favorire l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari è stata quella dell’exOPG di Napoli. L’iniziativa del “Controllo Popolare” è stata portata avanti da gruppi di cittadini autorganizzati che hanno presidiato i seggi per contrastare la compravendita di voti. La Federazione Campana del P.CARC ha aderito all’iniziativa e alla successiva “Assemblea per il Potere Popolare” che si è tenuta il 25 Giugno all’exOPG, dopo la quale ci siamo fermati a riflettere con il compagno Beniamino su come dare seguito alla mobilitazione popolare per favorire la costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza.
Il “Controllo Popolare” (CP) ha riscosso un grande seguito tra la parte più attiva e organizzata delle masse popolari di Napoli. Il grande significato di questa mobilitazione è stato colto anche dai contendenti in campo a Sindaco: De Magistris lo ha sostenuto, Lettieri ha denunciato di aver subito aggressioni per contrastare la crescente mobilitazione popolare. Puoi parlarci dell’iniziativa? Come è nata la proposta? E qual è il bilancio che ne fate?
Il bilancio è molto positivo. Siamo riusciti a interpretare un sentimento popolare che c’è in città ed è così che nasce l’iniziativa. All’interno dell’exOPG proviamo a esercitare ogni giorno il CP, in tutte le attività sociali, ludiche e politiche che promuoviamo; abbiamo semplicemente applicato questo paradigma anche alle elezioni. Il ragionamento è stato semplice: i brogli ci sono e il popolo li odia; facciamoci strumento per interpretare quest’odio e creare consenso intorno a questa mobilitazione. La risposta popolare è stata al di sopra delle aspettative, così come quella della controparte. Attenzione, sapevamo che saremmo andati a intaccare determinati meccanismi, non siamo ingenui… sapevamo che in questa città interi pacchetti di voti si spostano in questo modo e che la destra, e in parte il PD, da sempre costruiscono il loro consenso tramite questi meccanismi. Tuttavia, la reazione della controparte è stata proporzionata all’enorme consenso raccolto dall’iniziativa. Dai messaggi che ci sono arrivati, alle persone che si complimentavano, a quelle che si sono unite a noi – dopo il primo turno, al ballottaggio eravamo molti di più – e in fondo è questo il senso di quello che facciamo: cercare di estendere queste pratiche e dimostrare che il popolo autorganizzato può andare a incidere in ogni settore della società e migliorare la vita di tutti i giorni.
Sostenete di voler estendere il CP agli altri ambiti della vita politica e sociale e questo era il tema dell’assemblea di oggi (“Assemblea per il Potere Popolare”, 25 Giugno – ndr). Che bilancio fate dell’assemblea e come pensate di dare seguito alla mobilitazione in modo sempre più esteso?
Il bilancio dell’assemblea è assolutamente positivo: a una settimana dalle elezioni siamo riusciti a portare in un centro sociale tantissimi abitanti del quartiere e della città, il Sindaco, gli attivisti sia dell’exOPG che di numerosi altri movimenti; gli interventi sono stati per quantità e per qualità elevatissimi e tutti quanti indicavano la prospettiva di estendere il CP e il potere popolare a tutti gli ambiti della società. Ora è chiaro che niente si ferma qui. Vogliamo estendere il CP a tutto: dall’immigrazione alla lotta contro il lavoro nero, a quella contro gli sprechi sulle opere pubbliche – chiaramente, con un’ ottica di classe: ogni euro tolto allo spreco, deve essere impiegato per le politiche sociali in favore delle masse popolari. La prospettiva è quella di estendere sempre di più il CP, e cercare di relazionarsi con gli altri, avendo una dialettica con tutti i compagni che sono disponibili sulle questioni che riteniamo fondamentali: il CP; la questione dell’Organizzazione e quindi di uno spazio che va riempito nel nostro paese per rappresentare gli interessi dei lavoratori e degli sfruttati in generale; la questione del conflitto capitale-lavoro che per noi rimane il nodo principale da aggredire in questo sistema. Saremo, noi da Napoli, in grado di andare avanti su questa strada ed estendere il discorso anche a livello nazionale? Non possiamo stabilirlo a tavolino, ma è il compito storico che ci attende come rivoluzionari.
La prospettiva che hai delineato è molto interessante. Secondo noi, uno degli aspetti da affrontare è la relazione con l’Amministrazione Comunale, che a Napoli, con la conferma di De Magistris, esprime molti segnali di rottura rispetto al governo Renzi e ai suoi diktat economici e di bilancio. Qual è il ruolo che volete far assumere all’Amministrazione e qual è il contenuto del “programma post-elettorale” che avete scritto?
E’ chiaro che il momento elettorale di per sé non risolve niente; l’AC di Napoli si è dimostrata sensibile su certi temi e il Sindaco, a nostro avviso, è anche sincero nei suoi messaggi. Detto questo, la volontà di un singolo non può fare niente se non si mette al servizio di un processo complessivo di cambiamento; anche l’esperienza napoletana, per quanto virtuosa, è destinata a perdersi se non seguirà questa strada. La dialettica che metteremo in campo con l’Amministrazione è la stessa di sempre: noi organizzeremo dal basso il nostro soggetto sociale di riferimento per rispondere ai suoi bisogni immediati e inserirli in una prospettiva politica rivoluzionaria, che tende al cambiamento sociale, che mette in discussione la distribuzione, ma soprattutto il modo in cui si produce la ricchezza. Questo chiaramente si fa gradualmente, perché noi – e mi riferisco a tutto il movimento operaio – scontiamo una serie di sconfitte, ritardi, errori che ancora pesano. Oggi c’è una sensibilità dell’Amministrazione che va sfruttata per migliorare la realtà che ci circonda e parallelamente avanzare verso una prospettiva di cambiamento radicale.
Rispetto al nostro “programma post-elettorale”, in primis specifichiamo che questo non è “nostro”, nel senso che non ci rapportiamo dall’alto con le masse, dicendo “i vostri bisogni sono questi”…l’obiettivo invece è capire quali sono questi bisogni e far sì che le stesse masse si organizzino per affermarli. La nostra bozza di programma è stata scritta con le tantissime persone che attraversano l’exOPG tutti i giorni e che ci seguono costantemente, una bozza di programma – con alcuni contributi usciti anche dall’assemblea di oggi – che tocca diversi punti: il lavoro nero (con proposte concrete; non semplicemente “il lavoro nero è cattivo”, bensì “cosa si può fare a livello locale per combatterlo”?), a proposte per migliorare i centri di accoglienza per migranti e per fermare la speculazione sul business dell’accoglienza; sulle opere pubbliche, abbiamo intenzione di lanciare un osservatorio che controlli ogni opera pubblica per evitare gli sprechi – ripeto, non nell’ottica della legalità borghese, bensì nell’ottica di classe di prendere quelle risorse e distribuirle verso il basso – ma chiaramente non ci fermiamo qui. Il “programma post-elettorale” è in continua evoluzione, con l’obiettivo di organizzarci fin da subito per farlo applicare, utilizzando in tal senso tutti gli strumenti a nostra disposizione.
L’iniziativa del CP è stata lanciata dall’exOPG e, pur avendo riscontrato una grande partecipazione popolare, ci mette davanti alla contraddizione tra carattere “militante” e carattere “popolare” della mobilitazione. Qual è a vostro avviso la relazione tra la parte più avanzata e organizzata e il resto delle masse popolari?
La relazione tra i militanti e le masse popolari è tutta da ricostruire. Gli errori e le sconfitte del passato, anche quello recente, si pagano ancora. Ma i segnali oggi sono positivi. Tra l’“avanguardia” e l’“esercito”, per capirci, va ricostruito un rapporto. Dobbiamo essere capaci di non fare “fughe in avanti”, dobbiamo essere sensibili e affermare sempre la legittimità popolare delle nostre scelte. Se lavoriamo così, il rapporto non può che ricostruirsi e avanzare. Anche il CP è stata un’intuizione – che non è nostra, ma risale alla storia del movimento comunista – che restituisce un consenso popolare enorme e dimostra che c’è predisposizione a mobilitarsi, a partecipare, a uscire dall’indifferenza; ciò avviene ovviamente tra mille contraddizioni e limiti, ma noi comunisti dobbiamo sporcarci le mani e stare nelle contraddizioni, perché solo così riusciamo a cogliere la volontà di mobilitarsi che oggi il popolo dimostra. Se questa volontà non viene raccolta, la colpa non è del popolo, ma delle avanguardie. Sulla ricostruzione di un rapporto con il popolo io sono molto ottimista, forse anche grazie a quest’ultimo anno di militanza che ci è costato tanta fatica ma anche tanti successi. Si apre oggi un grande spazio politico, grazie al lavoro di tanti compagni che stanno avanzando in questa consapevolezza; ricostruiamo il rapporto tra militanti e masse popolari e… andiamo a vincere!
Nei vostri comunicati parlate di un cambiamento che sta partendo da Napoli e che avrà una ricaduta nazionale. In tal senso, una delle prime battaglie per dare una spallata al governo Renzi è quella per il NO al referendum sulle riforme costituzionali di ottobre. Quale sarà la vostra posizione sul referendum? E quale prospettiva intravedete a medio-lungo termine?
Ancora una volta, dipende tutto da noi. Per noi non intendo solo l’exOPG, ma tutti quelli che si oppongono a questo sistema di sfruttamento. Noi vediamo una serie di passaggi fondamentali. Il primo è il referendum costituzionale di ottobre, sul quale va fatta una battaglia su tre punti legati tra loro da un filo rosso: innanzitutto diciamo che la difesa della Costituzione non è difesa dello stato di cose presente, ma è un modo per realizzare quel potere popolare che è scritto sulla carta, ma che non è mai stato applicato. Sappiamo anche che applicare la Costituzione non significa avere il socialismo, ma è un grande passo in avanti, un ulteriore gradino che saliamo. Dunque la battaglia per il NO non è difesa dell’esistente, ma è per rilanciare l’applicazione della Costituzione. Il secondo motivo per dire NO al referendum sulle riforme costituzionali è per tenere aperti gli spazi di agibilità. Non siamo così ingenui da pensare che il nostro sistema è una vera democrazia, ma pensiamo anche che certi spazi di agibilità servono, per incidere a certi livelli e far crescere la coscienza. Con questa riforma si chiuderebbero una serie di spazi di agibilità, in esatta controtendenza al CP! Se noi per CP intendiamo il controllo dal basso, l’autorganizzazione, l’attribuzione di potere al popolo, dall’altro lato si sposta sempre di più il potere nelle mani del governo, che poi è il comitato d’affari di un blocco di potere borghese.
Il terzo punto su cui difendere la Costituzione è la “governabilità”. Il governo punterà tantissimo sulla stabilità e la governabilità. Ma noi dobbiamo dire che la democrazia non può essere barattata con la governabilità: se la proposta politica che si porta avanti ha il consenso delle masse popolari, la governabilità non è un problema; governare diventa un problema quando non si fanno gli interessi della maggioranza della società, di quella parte che lavora, produce, oppure vorrebbe lavorare e invece rimane condannata a essere “esercito industriale di riserva”. Pensare di poter decidere a tavolino che, per la stabilità di un governo, le istanze popolari vengano relegate lontano dai luoghi dove si decide, è un’idea pericolosa per la democrazia. Noi vogliamo esattamente il contrario, cioè fare arrivare le istanze del popolo nelle stanze del potere.
Dopo il referendum, si aprirà una fase totalmente inedita, che possiamo solo in parte prevedere. Questa fase dovrà accompagnarsi a un processo riaggregativo dei compagni su scala nazionale, altrimenti resta improbabile occupare uno spazio che, secondo noi, si aprirà, anche indipendentemente dall’esito referendario. Il problema, ancora una volta, è se saremo capaci di occupare questi spazi. Quello che sappiamo è il metodo con cui stare nei cambiamenti, che è quello del CP, nell’ottica di non tirarsi indietro e non aver paura di sbagliare e restare nell’immobilismo. Dobbiamo, in ogni lotta immediata, elevare la coscienza dei proletari con cui entriamo in contatto. In tal senso nella seconda settimana di Settembre lanceremo all’exOPG un festival nazionale che si articolerà in tre giornate. I tre temi su cui ci concentreremo sono: 1. La cultura di classe e l’egemonia ideologica, ovvero come la cultura comunista dà una visione alternativa del mondo; 2. l’Europa e i movimenti sociali che si oppongono alle politiche di austerità e 3. Come articolare il Potere Popolare. In poche parole, la nostra linea è quella di articolare sul piano locale il CP, con tutti i mezzi a nostra disposizione. A medio termine, dunque, condurremo la battaglia per il NO al referendum costituzionale, con il festival di Settembre apriremo una discussione con tutti i compagni disponibili, con l’obiettivo di farci trovare pronti dopo il referendum per raccogliere le nuove sfide che si presenteranno.