Per il 20 aprile scorso i sindacati confederali hanno proclamato unitariamente 4 ore di sciopero per rilanciare la trattativa sul rinnovo del CCNL dei metalmeccanici, arenata dopo ben tredici incontri a causa delle inascoltabili offerte padronali in particolare sul salario e farcita di nefandezze come l’introduzione della sanità privata: infatti parlano di “rinnovamento” e non di rinnovo del contratto.
Uno svuotamento del CCNL, con cui i padroni cercano di estendere a tutta la categoria quanto imposto da Marchionne negli stabilimenti FCA.
Per onor della cronaca, i confederali ce l’avevano messa tutta per strappare la benedetta firma della controparte, presentando una piattaforma che era nei fatti un assist a Federmeccanica (vedi articolo su Resistenza n. 2/2016) in cui si prevedeva, tra l’altro, una rigida applicazione del Testo Unico del 10 gennaio (procedure di raffreddamento, limitazione delle mobilitazioni operaie e della conflittualità).
Anche nella preparazione di quello che è stato presto definito uno sciopericchio non si erano particolarmente impegnati, promuovendo presidi “diffusi” sui territori al posto dei cortei, simbolo di combattività della categoria; una forma di mobilitazione fatta abbastanza di nascosto dagli occhi delle masse popolari, tanto per non avere indesiderati effetti di emulazione e coinvolgimento nella battaglia, che a cascata si riverserebbe – come la storia insegna – sul rinnovo degli altri contratti nazionali di categoria. Se a questo si aggiunge che non è prevista nessuna strategia chiara e di ampio respiro per rilanciare e rafforzare la vertenza, le premesse per un fallimento c’erano davvero tutte.
Una grande risposta. Invece i metalmeccanici hanno risposto alla grande, con un’adesione media del 75% e punte che hanno sfiorato e superato il 90, come alla Magna di Livorno e nella fabbrica del presidente di Finmeccanica Storchi, fino alla quasi totalità di scioperanti al Pignone di Bari, Continental di Pisa e GKN di Firenze (solo per citarne alcune). O raggiunto il 100% come alla Eurosicma di Segrate: non hanno partecipato al presidio, ma gli operai hanno picchettato l’azienda ottenendo l’adesione totale. In altri casi, come l’Alenia di Capodichino (NA) e la Mattei di Vimodrone (MI) hanno scioperato per l’intera giornata, mentre alla Whirlpool di Siena lo sciopero è stato anticipato per permettere la fermata a quelli che, altrimenti, sarebbero stati a casa a causa dei famigerati contratti di solidarietà. Questi esempi confermano la disponibilità a combattere della classe operaia italiana.
Ma da domani che facciamo? Landini si è limitato a un appello ai padroni a “non assumersi la responsabilità di uno scontro di cui il paese non ha bisogno”, come se fino a oggi avessero fatto altro o avessero avuto scrupoli. La questione è rilanciare l’unità e l’organizzazione dei lavoratori invece di quella delle burocrazie sindacali. Anche in questo campo ci sono diversi esempi di cui gli operai sono i protagonisti.
Quale unità sindacale? “La nostra unità non deriva dall’appartenenza a questa o quella sigla sindacale, ma deriva dall’appartenenza alla nostra classe, la classe lavoratrice, e di questo siamo fieri. Siamo operai, quelli che mandano avanti questo paese… vogliamo essere un esempio per gli altri lavoratori, perché l’antidoto al cattivo sindacato è la partecipazione attiva dei lavoratori… la prova è l’iniziativa che facciamo ogni giorno in fabbrica a difesa di tutti i lavoratori sotto il nostro tetto, che siano di sigle sindacali diverse, che non abbiano tessere, che siano degli appalti o precari: questo è il nostro modo di fare sindacato, e lo rivendicheremo sempre”. Queste parole degli operai della GKN di Firenze indicano una tendenza giusta e possono essere validi presupposti per la costruzione di organizzazioni operaie che si occupano della fabbrica, per salvaguardarla dalle manovre dei padroni e escono per “formare” altri lavoratori: queste sono le basi concrete per un rilancio serio della vertenza sul CCNL!
Il coordinamento FCA è un altro esempio di questo tipo, dove operai di diversa appartenenza sindacale superano la divisione parrocchiale delle tessere e si organizzano per rendere più capillare, efficace e di prospettiva la lotta contro il progressivo smantellamento del gruppo.