1. Renzi è il personaggio attorno a cui si sono messe d’accordo le fazioni vincenti del Vaticano (quelle che hanno anche cacciato Ratzinger e nominato Bergoglio), imperialisti USA e sionisti, organizzazioni criminali e una parte importante della grande borghesia italiana per affidargli il governo del paese e attuare “le riforme”. Quali riforme? Quelle con cui tutta la borghesia crede di riuscire a prolungare la vita del suo sistema. Il piano Renzi non è che la continuazione del programma comune della borghesia imperialista e, nei dettagli propri del nostro paese, è il piano della P2 di Gelli aggiornato al presente: la cricca di Renzi del resto è cresciuta proprio alla scuola della corte di Gelli.
Il segreto del successo di Renzi sta nel fatto che ha goduto del sostegno rassegnato anche di quella parte dei vertici della Repubblica Pontificia che non ne erano entusiasti e che sarebbero destinati a diventare sue vittime, se il suo regime si consolidasse: i gruppi filo UE, i politicanti del Centro-sinistra e del Centro-destra (da Bersani a Berlusconi), i sindacati di regime e altri e dell’opposizione fatta dal M5S nel rispetto delle norme e delle regole vigente nel teatrino della Repubblica Pontificia (denunce e imprecazioni nelle aule parlamentari ma non promozione della mobilitazione popolare fuori dal Parlamento). Questa “straordinaria condizione” gli ha permesso di combinare in due anni ciò che non erano riusciti a combinare la banda Berlusconi e il circo Prodi in vent’anni (articolo 18, diritto di sciopero, Jobs Act, riforma elettorale, riforma della scuola, Sblocca Italia, cancellazione delle province, ecc.) e di puntare più in alto ancora: la riforma della Costituzione, lo smantellamento del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) e dei restanti diritti e tutele dei lavoratori (per sapere dove mira Renzi, bisogna tuttavia sempre ricordare che nell’eliminazione delle conquiste dei lavoratori in Italia i governi hanno ancora oggi fatto meno di quello che hanno fatto in altri paesi europei come la Germania e la Gran Bretagna), la disgregazione dei sindacati (soprattutto la CGIL che, nonostante la direzione della Camusso e dei suoi predecessori, è ancora oggi la più grande e articolata aggregazione di operai e lavoratori). Tuttavia le condizioni in cui Renzi opera sono via via cambiate e cambiano.
2. In campo internazionale le contraddizioni fra i gruppi imperialisti USA e quelli franco-tedeschi si acuiscono. Gli imperialisti USA non vogliono smantellare la UE o l’euro, ma impedire che i gruppi imperialisti europei, in particolare quelli franco-tedeschi, si affranchino dal loro dominio e agiscano come autonoma potenza economica e politica mondiale. A questo fine “operano per linee interne” per impedire una maggiore integrazione politica e militare europea avvalendosi delle loro quinte colonne: i gruppi imperialisti britannici, da lunga data loro agenti e soci, con l’operazione Brexit (trattamento speciale per la permanenza della Gran Bretagna nell’UE e, in particolare, l’esonero dalla partecipazione a una “unione sempre più stretta” e a un esercito europeo); il governo Renzi e una parte importante dei vertici della Repubblica Pontificia; i governi dei paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) e della Turchia sulla questione migranti.
La cricca Renzi si schiera ed è spinta a schierarsi più apertamente con i gruppi imperialisti USA:
– nelle operazioni di guerra in corso (entrata di soppiatto in guerra e senza osare dichiararlo pubblicamente, anzi negando anche l’evidenza: vedasi le dichiarazioni di Renzi contro l’intervento diretto in Libia mentre il Consiglio supremo di difesa, riunito da Mattarella al rientro del suo viaggio negli USA, ha deliberato il 25 febbraio che “l’Italia era pronta a inviare truppe”). Gli USA hanno ottenuto dal governo Renzi un sostegno maggiore alle loro manovre di guerra: uso delle basi per i droni, disponibilità del governo italiano ad assumere il comando (di copertura) in caso di intervento militare con truppe, l’aumento dell’impegno militare in Iraq (soldati italiani a Mosul con la scusa di difendere la diga in costruzione);
– nel contenere la politica del rigore finanziario attraverso la quale i gruppi imperialisti franco-tedeschi puntano a imporre l’euro al posto del dollaro come moneta internazionale: vedasi l’attacco di Renzi alla Commissione Europea e le trattative per ottenere una deroga ai vincoli dell’UE.
3. Il contenuto delle riforme e la direzione che la cricca di Renzi sta imponendo al paese rendono più acuti che in passato i contrasti interni ai vertici della Repubblica Pontificia. In particolare:
– lo schieramento più apertamente filoamericano del governo suscita le contromosse dei gruppi filo UE (pubblicazione da parte di Wikileaks dei documenti sullo spionaggio USA del governo Berlusconi, “fuga di notizie” sul coinvolgimento diretto del governo italiano nella guerra in Libia, il “ritorno” di Prodi che assieme a Berlusconi – gli stessi che avevano sostenuto nel 2011 la guerra contro Gheddafi – si schiera contro l’intervento militare);
– l’eliminazione della relativa autonomia di cui godeva ognuna delle molte istituzioni centrali e locali della Repubblica Pontificia per sottometterle tutte ad un unico centro decisionale, suscita resistenze accanite (aperte o sottobanco e trasversali) da parte di ogni istituzione, dei suoi titolari e dei suoi funzionari che difendono ognuno le sue prerogative e i suoi interessi e clienti;
– si acuisce lo scontro interno al PD fra i gruppi attorno a Renzi (più legati agli imperialisti USA) e i “notabili” di lungo corso (coloro che hanno preso in mano la parte consistente del patrimonio del vecchio PCI – e una parte del patrimonio disperso nella diaspora della DC- e l’hanno amministrata in nome del Partito e per conto loro, degli amici e degli amici degli amici) che oggi hanno il loro punto di forza nell’ambito degli Enti locali;
– diminuisce vistosamente il seguito e il prestigio di cui godono alcune delle fazioni e dei personaggi del vertice della Repubblica Pontificia: un indice di questo sono l’astensione alle ultime tornate elettorali e la bassa partecipazione alle primarie del PD per le prossime elezioni amministrative;
– la lotta che il governo Renzi con Marchionne e Confindustria conducono contro i sindacati mette alle strette persino la destra dei sindacalisti di regime, che non accetta di perdere autonomia e potere.
Il risultato è che il fronte interno dei rassegnati sostenitori di Renzi va sgretolandosi. Ne è dimostrazione il fatto che il suo governo è sempre più sotto ricatto di scandali, colpi di mano, pronunciamenti della magistratura e della Corte Costituzionale, confessioni di eminenze grigie: gli “affari di famiglia” della Guidi e della Boschi sono diventati uno scandalo che fa il paio con le liste di indagati e condannati nel PD e si combina con altri mille fatti grandi e piccoli a creare il terreno su cui i “rottamatori” di Renzi entro i vertici della Repubblica Pontificia fanno leva con crescente insistenza. In questo contesto, Grillo e il suo M5S possono cercare di giocare un ruolo di alternativa borghese alla cricca di Renzi (l’opposto rispetto a ciò su cui noi avevamo puntato sostenendolo), ma questo passaggio comporterebbe la disgregazione del movimento: quindi aprirebbe una nuova pagina per l’attività di noi comunisti. Le vicende delle amministrazioni comunali M5S e l’opera svolta dai delegati del M5S nelle istituzioni sono già campo di prova e di verifica.
4. Per quanto riguarda la mobilitazione delle masse popolari, si diffondono le lotte contro le riforme del governo Renzi e sono iniziate quelle contro la guerra e la NATO, riprendono le mobilitazioni dei lavoratori privati e pubblici per il CCNL, i sindacati di base (CUB, USI, SICOBAS, SGB) hanno scioperato contro la guerra e le politiche del governo, persino FIOM, FIM e UILM hanno annunciato una sciopero per il 20 aprile (“uno scioperino” visto che dovrebbe durare solo 4 ore e senza manifestazioni, ma la cosa è significativa) dato che le trattative con Federmeccanica e Assistal ristagnano a fronte dell’arroganza padronale, si sviluppano iniziative di aggregazione e mobilitazione in difesa dell’ambiente. In particolare:
– gli operai e i dipendenti pubblici saranno i protagonisti principali delle lotte per la difesa del CCNL e per il rinnovo dei contratti di lavoro di molte categorie;
– le masse popolari saranno protagoniste di mille lotte (proteste, rivendicazioni e iniziative autonome) contro gli effetti immediati della crisi e le riforme renziane che li traducono in norme e leggi.
Questi devono essere nei prossimi mesi i due campi principali del lavoro di massa dei comunisti, con l’obiettivo di promuovere la costituzione di nuove organizzazioni operaie e popolari e di orientarle tutte, quelle già esistenti e le nuove, a coordinarsi tra loro, a prendere iniziative come nuove autorità pubbliche e a perseguire tutte, come principale e comune, l’obiettivo di costituire un loro governo d’emergenza e farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia.
5. Con questi due campi di battaglia, dobbiamo combinarne altri tre in cui la sinistra borghese giocherà un ruolo importante:
– la campagna delle elezioni amministrative,
– la campagna per il SI al Referendum No Trivelle del 17 aprile,
– la campagna per il NO al Referendum del prossimo autunno sulla riforma della Costituzione.
Le concezioni che la sinistra borghese diffonde e i movimenti che essa dirige seminano confusione nelle masse popolari. I suoi esponenti proclamano che non c’è più democrazia, ma allo stesso tempo chiedono alle masse popolari di prestarsi ai giochi della democrazia borghese. I loro referendum anche se vincono non cambiano il corso delle cose. Con le loro Amministrazioni comunali e la loro presenza nelle istituzioni della Repubblica Pontificia si impantanano e si corrompono nel far funzionare un sistema che per sua natura è contro le masse popolari. I movimenti che essi promuovono sono fallimentari e, in mancanza dell’opera dei comunisti, i fallimenti in cui finiscono portano le masse popolari alla demoralizzazione, alla rassegnazione o alla mobilitazione reazionaria. Ma se invece noi comunisti partecipiamo, combattiamo con efficacia l’orientamento che essi diffondono in quei movimenti e vi portiamo un orientamento giusto, quegli stessi movimenti torneranno a profitto della lotta per costituire il Governo di Blocco Popolare. Noi comunisti possiamo perfino promuovere movimenti che rivendicano dai caporioni del sistema imperialista quello che essi non possono dare, ma solo quando sono necessari per mobilitare le parti più arretrate delle masse popolari e coinvolgerle in una lotta che dobbiamo far diventare scuola di comunismo. Non dobbiamo in alcun modo alimentare nelle masse popolari la fiducia che i caporioni del sistema imperialista possono cambiare il corso delle cose. Dobbiamo al contrario approfittare di ogni occasione e appiglio per combattere questa fiducia e per infondere nelle masse popolari fiducia in se stesse.
6. Le prossime elezioni amministrative sono un terreno ostico per la cricca di Renzi. Lo dimostra l’articolata e massiccia campagna che i vertici della Repubblica Pontificia stanno conducendo contro il M5S. La concorrenza del M5S costringe le clientele locali PD antirenziane a rompere con Renzi per salvarsi. Il grosso della posta in gioco la cricca Renzi se la gioca a Roma, ma anche nel resto delle grandi città (Milano, Torino, Bologna e Napoli) la crisi politica emerge dalle difficoltà di trovare candidati con qualche speranza di vincere, ma al contempo abbastanza fedeli al progetto di accentramento dei poteri, di smantellamento degli enti locali, di privatizzazione dei servizi pubblici in corso d’attuazione. Motivo per cui, molto pragmaticamente: o la campagna di diffamazione, ridicolizzazione e denigrazione del M5S ottiene il risultato di farlo ridimensionare nei sondaggi oppure la cricca Renzi farà l’impossibile per rinviare le elezioni amministrative.
Ovviamente si tratta di una situazione, in un caso o anche nell’altro, che alimenta la crisi politica, gli scontri interni alla classe dominante, i regolamenti di conti fra faccendieri e politicanti.
I vertici della Repubblica Pontificia manovreranno per usare le prossime elezioni in modo da piazzare uomini fidati alla testa delle “amministrazioni di punta” e nel resto del paese. Noi comunisti dobbiamo usarle per far avanzare la mobilitazione per costruire amministrazioni locali d’emergenza, cioè amministrazioni che
– in ogni campo mettono gli interessi delle masse popolari al centro della propria azione e davanti alle leggi e alle misure del governo;
– promuovono su ogni terreno la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari;
– disobbediscono al Patto di Stabilità e alle altre misure del governo che vanno contro le masse popolari e vengono meno ai ruoli e alle funzioni che il governo assegna alle amministrazioni locali in ogni caso in cui quei ruoli e quelle funzioni vanno contro gli interessi delle masse popolari;
– promuovono un posizionamento analogo di altre amministrazioni locali in tutto il paese e sviluppano il coordinamento con altre amministrazioni locali che seguono questa linea, perché solo se promotrice del movimento popolare che va verso la costituzione di un proprio governo d’emergenza un’amministrazione locale è in grado di far fronte al governo dei vertici della Repubblica Pontificia.
Ogni candidato dobbiamo vagliarlo e incitare le masse popolari a vagliarlo su quanto fa e ha fatto nel
– denunciare le situazione problematiche esistenti nel Comune per le masse popolari,
– indicare quel che occorre fare per risolvere le situazioni problematiche e sostenere con i propri mezzi, risorse e autorità l’attività delle organizzazioni operaie e popolari,
– dire quali sono gli ostacoli da rimuovere che impediscono la soluzione del problema: chi sono i nostri nemici.
Ribaltiamo il rapporto tra candidati ed elettori: anziché sorbirsi le promesse dei candidati e i programmi (magari confezionati da esperti di marketing!) in nome dei quali chiedono di votarli, organizzarsi e organizzare per elaborare programmi dettagliati dei lavori (manutenzione strade, parchi, canali, fiumi, boschi, riabilitazione abitazioni e locali, fabbriche abbandonate, ecc.) che sono necessari comune per comune, ma anche più in piccolo (quartiere per quartiere, caseggiato per caseggiato, ecc.) e che l’amministrazione deve attuare con squadre formate impiegando disoccupati e pagandoli. Quanto dettagliati? Al livello di dettaglio di cui le organizzazioni operaie e popolari già esistenti e quelle che si formano per elaborarli sono capaci (il censimento delle case sfitte delle immobiliari, dei ricchi, ecc. è un livello, l’indicazione delle case sfitte con via, numero e piano è un altro livello), avvalendosi di tecnici attinti dall’ampia riserva delle università, degli istituti di ricerca, dell’amministrazione pubblica, della società civile. Con riunioni, assemblee e banchetti, noi comunisti dobbiamo mobilitare le masse popolari a elaborare i programmi dei lavori che servono, rendendo questa attività momento di riflessione sulla situazione in cui versano il comune e il paese, di propaganda e di creazioni di organismi decisi a lottare per attuare questi programmi: che chiamano i candidati ad attuarli, stanno addosso alle amministrazioni perché li attuino, si mobilitano per attuarli direttamente, chiamano altri a organizzarsi e mobilitarsi.
L’affidabilità dei candidati si misura su quanto si dedicano a mettere in luce comune per comune i lavori necessari e su quanto nei loro tour elettorali chiamano i partecipanti a fare e a organizzarsi per fare quanto indicato nei programmi indicati dalle organizzazioni operaie e popolari: ad esempio, se il programma prevede di censire le case sfitte delle immobiliari, della Chiesa, del Comune, ecc. per assegnarle a chi ha cerca un’abitazione, un candidato che si impegna a fare suo questo programma in ogni comizio elettorale che fa deve chiamare i partecipanti a indicargli le case sfitte che ci sono nella loro zona, a organizzarsi per individuarle e occuparle (assegnarle di fatto); se si tratta di un candidato che è già membro dell’amministrazione comunale, deve rendere noto il patrimonio immobiliare che il comune possiede e chiamare i dipendenti comunali a dargli le informazioni che possiedono che lui renderà pubbliche.
Dopo le elezioni questi programmi diventeranno programmi operativi delle amministrazioni locali di emergenza e strumenti di pressione sulle altre amministrazioni comunali.
7. Lo smantellamento della Costituzione del 1948 (quella bollata da Berlusconi come “sovietica”), che una parte importante della classe dominante persegue da tempo, è uno dei pilastri del “piano di rinascita” di Renzi e della sua cricca. Il Referendum contro le riforme costituzionali dovrebbe svolgersi nel prossimo autunno, ma è già operativo il Comitato Nazionale per il NO, promosso dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, che ha raccolto un ampio numero di adesioni di organizzazioni sindacali (FIOM e USB), associazioni, comitati e coordinamenti (tra cui la Piattaforma Sociale Eurostop, il Coordinamento Nazionale NO TRIV, Una città in Comune), organizzazioni e partiti della sinistra (PRC, PCL, PCdI, Ross@, ecc.). La campagna referendaria è uno dei terreni che possiamo e dobbiamo usare per costruire rapporti di forza più favorevoli alle masse e indebolire i vertici della Repubblica Pontificia. L’orientamento che promuoviamo fin da ora è
– votare NO al Referendum sulle riforme costituzionali per cacciare il governo Renzi (sfruttando il ricatto “o mi lasciate vincere o me ne vado” che Renzi ha posto ai suoi sostenitori rassegnati e sempre più malcontenti) e per contrastare l’eliminazione dei diritti che le masse popolari hanno strappato quando il movimento comunista nel mondo era forte, eliminazione che è la sostanza delle riforme piduiste di Renzi & C;
– attuare direttamente le norme e i principi progressisti della Costituzione che la Repubblica Pontificia non ha mai attuato;
– eleggere nelle elezioni amministrative solo candidati che nella pratica già oggi dimostrano di essere decisi ad attuare le norme e i principi progressisti della Costituzione con le risorse delle Amministrazioni Comunali;
– partecipare al movimento per costituire un governo d’emergenza deciso ad attuare i principi progressisti della Costituzione.
8. Il saccheggio delle risorse e le grandi opere speculative si combinano nello Sblocca Italia ad aggravare l’inquinamento dell’ambiente e il dissesto di un territorio martoriato dall’incuria delle autorità, delle attività della criminalità organizzata e dalla sete di profitto dei capitalisti. Al Referendum del 17 aprile contro il prolungamento delle concessioni alle trivellazioni in mare fino ad esaurimento dei giacimenti
– votare SI’ per indebolire il governo Renzi (usare il Referendum per allargare la guerra per bande all’interno del PD: delle 9 Regioni che hanno promosso il referendum, 7 sono guidate da esponenti del PD in rotta con Renzi) e contrastare l’eliminazione delle autonomie locali e le opere speculative di devastazione del territorio e delle sue risorse (che sono la sostanza della Legge di Stabilità 2016 e dello Sblocca Italia);
– promuovere lo schieramento e il collegamento delle amministrazioni locali a favore del SI’ per allargare la contraddizione tra governo centrale e amministrazioni locali;
– mobilitare le organizzazioni operaie e popolari a elaborare i programmi dei lavori che servono comune per comune e in cui possono utilmente e da subito essere impiegati i lavoratori e le risorse che oggi sono impiegati per le opere speculative di devastazione del territorio e delle sue risorse.
9. La lotta per il CCNL, le elezioni amministrative, i Referendum e le varie mobilitazioni e aggregazioni promosse dalla sinistra borghese sono per i comunisti lo strumento sia per promuovere l’organizzazione e la mobilitazione popolare sia per indebolire il governo Renzi. Colpire da più parti e simultaneamente per cacciare il governo Renzi è un aspetto importante della nostra linea di condotta dei prossimi mesi perché abbattere il cavallo su cui la classe dominante punta per governare il paese indebolisce tutta la classe dominante e rafforza il campo delle masse popolari.
È impossibile oggi prevedere se il rafforzamento del campo delle masse popolari e i contrasti nei vertici della Repubblica Pontificia, combinati con i contrasti nella comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, porteranno nei prossimi mesi alla liquidazione del governo Renzi e ancora meno quale sarà il ruolo dei due fattori.
La strada che deve fare il campo delle forze popolari per arrivare a costituire il Governo di Blocco Popolare è molta ma è del tutto percorribile, mentre i tentativi di far cambiare pelle al governo Renzi o di condizionare in senso favorevole alle masse qualsiasi governo dei vertici della Repubblica Pontificia sono condannati al fallimento. Molto dipende da noi comunisti. Non è una strada facile principalmente perché è necessario che portiamo le masse popolari a superare la triste eredità di rassegnazione e di sfiducia in se stesse seminata da decenni di direzione dei revisionisti moderni prima e della sinistra borghese poi.
Una volta costituito, il Governo di Blocco Popolare non avrà vita facile, ma con la sua costituzione si aprirà una fase nuova e superiore nella lotta per liberare il paese dall’intrigo di potere fra Vaticano, imperialisti USA e sionisti, imperialisti franco-tedeschi e organizzazioni criminali.
La nostra via è possibile e il corso della crisi la rende necessaria. Quindi la prospettiva è ottima per chi è disposto a combattere.
10. Nessuno degli esponenti della classe dominante può avere un ruolo positivo e risolutivo riguardo alla crisi: è una questione di lotta fra le classi. Per farla finita con l’attuale corso delle cose occorre una società in cui tutti i mezzi di produzione (la terra e le sue risorse naturali, le fabbriche, il denaro, tutta la ricchezza della società) che oggi sono in larga misura proprietà privata di individui o di società, diventino proprietà pubblica e siano gestite da istituzioni pubbliche per produrre secondo un piano democraticamente decisoi beni e servizi usati e il cui uso è ammesso. C’è qualcosa di misterioso e di strano in questo? Quando il movimento comunista era forte, aveva costretto perfino i capitalisti e le loro autorità (dei paesi imperialisti, compresi quelli fascisti) a fare un pezzo di strada in questo senso, ma si è visto che sono cose che non si possono fare a metà. Occorre un ordinamento politico e generale diretto da chi ha interesse, volontà e scienza quanta ne occorre per introdurre e far valere un simile ordinamento sociale. Non si tratta di una “semplice” riforma economica. Bisogna togliere ai capitalisti e in generale ai ricchi la direzione della società. Finché restiamo nella società borghese, il guadagno del capitalista, il profitto, è il motore della società intera. Se il capitalista non guadagna, la società entra in crisi e collassa. Distribuire la ricchezza serve ad alleviare momentaneamente e in qualche punto il peso della crisi sulle masse popolari, ma in definitiva l’aggrava. A parità di altre condizioni il capitalista che sfrutta di più l’operaio è più competitivo, occupa il campo del capitalista concorrente: questo chiude e licenzia mentre il primo, magari, assume. Comunque i capitalisti si accapigliano tra loro (“siamo in guerra”, come dice Marchionne), finché la guerra la fanno fare davvero.
11. Solo le masse popolari organizzate (e in particolare la classe operaia) possono compiere l’impresa di trasformare l’ordinamento sociale, a partire dalla trasformazione del modo di produrre beni e servizi. La trasformazione dei rapporti di produzione esige come premessa la trasformazione dei rapporti politici (il potere ai fautori della trasformazione) e si riflette nel resto dei rapporti sociali e rende possibile la loro trasformazione.
Noi comunisti siamo i promotori di questa trasformazione, consapevoli che si tratta di un’opera che finora non è mai stata compiuta in un paese imperialista. Pertanto dobbiamo imparare dai primi paesi socialisti, ma dobbiamo anche imparare a trattare una serie di problemi e contraddizioni che il movimento comunista, nella sua storia, non ha ancora imparato a risolvere. Tuttavia lo spirito che ci anima non è la disperata ostinazione di chi sa che il mondo sta andando alla rovina, ma la fiducia di chi, imparando dalla storia, ha chiaro che le masse popolari del primo paese imperialista che compierà questo passo apriranno la strada alle masse popolari degli altri paesi imperialisti e dei paesi oppressi.
Noi comunisti contrastiamo il mito della rivoluzione che scoppia, perché la rivoluzione non scoppia, ma si costruisce. Oggi nel nostro paese ci sono tutte le condizioni per fare un passo avanti decisivo nella costruzione della rivoluzione socialista.