Se guardiamo la situazione complessiva con gli occhi di chi spera che basti tirare la cinghia e aspetta che la crisi passi, non si può che essere angosciati e impauriti.
Se guardiamo la situazione complessiva con gli occhi di chi è convinto (o spera) che la rivoluzione scoppia, mille condizioni favorevoli che pure esistono nella realtà alimentano insofferenza e sfiducia (cos’altro deve succedere perché le masse popolari si ribellino una volta per tutte?).
Se la guardiamo con gli occhi di chi la rivoluzione la vuole costruire, le stesse mille condizioni favorevoli, combinate con mille appigli che la società borghese offre, alimentano la consapevolezza che la situazione è eccellente.
Le condizioni favorevoli. Il paese è già oggi ingovernabile per la combinazione delle contraddizioni fra i gruppi imperialisti internazionali con la guerra per bande dei gruppi di potere dei vertici della Repubblica Pontificia (la crisi politica). Compito di chi vuole cambiare le cose non è contemplare l’ingovernabilità dall’alto, ma alimentarla e combinarla con l’ingovernabilità dal basso: insubordinazione, ribellione, autorganizzazione, riappropriazione, autogestione da parte delle masse popolari organizzate.
Gli effetti della crisi spingono le masse popolari a organizzarsi e a mobilitarsi per trovare soluzioni pratiche e perseguire strade autonome da quelle imposte dalle leggi e dalle prassi delle autorità della classe dominante. Questo è un processo oggettivo che ha come base la giusta e legittima lotta rivendicativa: resistere al progressivo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, strappare ai capitalisti e alle loro istituzioni il massimo possibile per avere una vita dignitosa. Certo è che, per motivi che abbiamo spiegato e approfondito più volte su Resistenza (debolezza del movimento comunista ed effetti della crisi generale) i capitalisti sono sempre meno disposti a concedere, ma certo è che in qualche misura qua e là riusciamo a costringerli e ancora più certo che questo movimento oggettivo favorisce il nostro lavoro teso a costruire organizzazioni operaie e popolari e il loro coordinamento.
Solo la sinistra borghese continua a lamentarsi che “niente e nessuno si muove”. In tutto il paese è un fiorire di mobilitazioni, esperienze, occasioni, appigli da cui promuovere il movimento cosciente per la costruzione del Governo di Blocco Popolare. Per essere più precisi il movimento delle masse popolari ha già raggiunto in varie occasioni un livello tale per cui proprio la mancanza di chiarezza dell’obiettivo di governare il territorio (e il paese) ha decretato un momentaneo riflusso. Gli esempi più conosciuti sono quelli del movimento NO TAV e, più circoscritto ma altrettanto esemplare, la mobilitazione dell’Assemblea Permanente di Carrara (vedi Resistenza n. 2/2015).
Questo numero di Resistenza ha l’obiettivo di armare chi, fra gli operai, gli altri lavoratori, gli studenti, i disoccupati, i precari, le donne, gli immigrati, i giovani cerca la strada, si fa pioniere, per fare meglio, con maggiori risultati e con superiore efficacia quello che già fa nel movimento popolare a partire dal suo contesto, da lui e da chi ha di più prossimo sul posto di lavoro, a scuola o in università, in quartiere. Fare meglio, con maggiori risultati e con più efficacia significa combattere la battaglia particolare in modo da influenzare il complesso della lotta di classe. L’oggetto del contendere della lotta di classe nel nostro paese, ne sia o no consapevole chi conduce la singola lotta particolare, è il governo del paese. Il contesto politico delle prossime settimane e dei prossimi mesi lo conferma e offre in proposito una miniera di opportunità per chi le vuole e le saprà cogliere.
L’oggetto del contendere della lotta di classe in questa fase. Quando diciamo che il bersaglio grosso delle mobilitazioni delle masse popolari (di tutte le mobilitazioni, è il loro obiettivo unitario e di prospettiva) è il governo del paese, intendiamo dire che attraverso le loro organizzazioni, il coordinamento delle loro organizzazioni, la pratica attraverso cui fanno fronte agli effetti della crisi (anche i più diversi fra loro) i protagonisti di quelle mobilitazioni devono e possono rendere ingovernabile il paese a qualunque governo dei vertici della Repubblica Pontificia e imporre e far ingoiare alle vecchie autorità borghesi un loro governo composto dai soggetti che già hanno una qualche autorevolezza e che devono il ruolo che hanno nella società al legame che hanno con le masse popolari organizzate (sindacalisti, esponenti della società civile, esponenti della sinistra borghese, esponenti progressisti e democratici delle amministrazioni locali). E’ chiaro che una simile possibilità non diventa fatto reale per atto di volontà di qualcuno e neppure come atto di volontà della maggioranza della popolazione.
Occorre che le organizzazioni operaie e popolari si mettano in condizione di operare come nuove autorità pubbliche, nuove istituzioni che:
hanno abbastanza autorevolezza affinché la popolazione accetti e ne attui le decisioni, anche se solo una parte di essa, la sinistra, la parte più avanzata, partecipa con entusiasmo alla loro elaborazione e attuazione e la parte più arretrata, la destra, le ingoia come “male minore” e “in attesa di tempi migliori”;
sono abbastanza permeabili agli interessi delle masse popolari da sentirsi vincolate a difenderli, attuarli, assumerli a guida delle proprie azioni.
La filosofia del possibile è una scienza. Ogni cosa, ogni fenomeno, ogni processo è ciò che è in questo preciso momento, ma è anche ciò che può diventare in futuro. Un bambino è un bambino, potenzialmente è anche un futuro campione di atletica, se si allena con costanza e dedizione, se persegue l’obiettivo, se si cimenta nel diventarlo, se è deciso a farlo e se nel corso della sua vita prende le decisioni adeguate a diventarlo. A queste condizioni, il fatto di diventare campione di atletica dipende da lui, non da quanto fanno o non fanno, dicono o non dicono altri per lui. Per quanto raggiungere un obiettivo sia difficile, il destino non è scritto, né per il bambino che vuole diventare campione di atletica (al livello raggiunto dalla società, i figli dei ricchi possono diventare campioni di atletica anche se non hanno le gambe, vedi Pistorius), né incide sulle masse popolari che vogliono prendere in mano il loro futuro, vogliono governare la loro vita collettiva secondo i loro interessi.
Fra le tante possibilità che ogni cosa, fenomeno o processo ha di diventare, noi comunisti decidiamo coscientemente di analizzare quanto di positivo esiste già ai fini della lotta per il socialismo e di intervenire per affermare quella tendenza. In termini molto semplici: vediamo il positivo, l’avanzato, la sinistra che sta in ogni contesto e ambito. Da qui la critica che ci viene mossa di “essere troppo ottimisti”: non è ottimismo, è visione di prospettiva e volontà di costruire.
Per valorizzare quella parte avanzata di ogni ambito e contesto, noi comunisti cerchiamo di capire anche cosa ha prodotto quella cosa, quel fenomeno o quel processo (cioè da dove viene il suo positivo) e che relazioni ha con il resto delle cose con cui entra in relazione, direttamente o indirettamente. Cioè cerchiamo di mettere in relazione la parte positiva di varie cose, fenomeni e processi in modo che si influenzino l’uno con l’altro rafforzandosi ai fini della lotta per il socialismo.
Fuor di metafora, la filosofia del Governo di Blocco Popolare è la scienza che riguarda il conoscere il positivo di ogni organizzazione operaia e popolare (cioè il ruolo che può assumere un invece di limitarsi a rivendicare ai padroni, alle autorità e alle loro istituzioni) per sostenerlo e svilupparlo, in modo che influenzi e si combini con il positivo di altre organizzazioni operaie e popolari; costruendo la rete delle nuove autorità pubbliche per quanto le condizioni oggettive già lo consentono, nonostante l’esistenza e la resistenza delle vecchie autorità e istituzioni borghesi e clericali.
La pratica del possibile è una scienza. Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi una combinazione di fattori che prescindono dalla volontà delle classi sociali (cioè né la borghesia imperialista e né le masse popolari li hanno programmati secondo un piano complessivo che legasse i vari fattori l’uno agli altri) costituiscono il terreno in cui si combatte la lotta di classe.
Per quanto riguarda il campo delle masse popolari, il contesto generale è costituito dalle mobilitazioni contro gli effetti della crisi (l’elenco sarebbe lungo e comunque parziale, diciamo che sono tutte le lotte contro il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, la precarietà e la miseria, la resistenza allo smantellamento dei diritti e alla devastazione dell’ambiente, le lotte per mantenere o conquistare una vita dignitosa). In questo contesto generale è di particolare importanza la lotta dei lavoratori dipendenti per il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) e in particolare quella dei metalmeccanici, per il ruolo che hanno nella lotta di classe, per la loro capacità organizzativa, per l’autorevolezza di cui godono, per il ruolo di traino a tutte le lotte delle masse popolari. Le mobilitazioni contro gli effetti della crisi sono il campo in cui promuovere la costruzione di organizzazioni popolari (vedi l’articolo Occuparsi della scuola e uscire dalla scuola a pag. 6), il rinnovo dei contratti dei metalmeccanici quello per promuovere la costruzione di organizzazioni operaie che si occupano della loro azienda ed escono dall’azienda (vedi gli articoli Prendere in mano le aziende, costruire l’alternativa e Basta veleni, ricatti e sfruttamento: nazionalizzare l’ILVA a pag. 4).
Per quanto riguarda il campo dei vertici della Repubblica Pontificia, il teatrino della politica borghese li costringe a tre “passaggi” forzati: il referendum contro le trivelle del 17 aprile, le elezioni amministrative del prossimo giugno, il referendum sulle riforme costituzionali previsto per il prossimo autunno. Per la natura stessa e per la funzione del teatrino della politica borghese, le masse popolari sono chiamate ad assolvere a un rito liturgico, si tratta però anche un’occasione che noi possiamo e dobbiamo sfruttare per modificare a modo nostro i rapporti politici nel paese.
Per ciò che attiene al referendum del 17 aprile, va detto che non è frutto di una mobilitazione popolare come fu quello, ad esempio, contro la privatizzazione dell’acqua, ma frutto di un colpo basso che una parte dei notabili del PD ha tirato a Renzi. Non è da escludere che per i vertici della Repubblica Pontificia ciò si traduca in una opportunità per stracciarne l’esito in caso di loro sconfitta (come del resto hanno fatto nel caso della privatizzazione dell’acqua).
Per ciò che attiene alle elezioni amministrative, in ballo non ci sono genericamente “i risultati”, ma il governo Renzi che ha bisogno di installare al governo delle principali città d’Italia sindaci precisamente allineati alle sue politiche per tentare di aggirare la contraddizione fra governo centrale ed enti locali che contribuisce a rendere ingovernabile il paese.
E questo è ciò che attiene anche al referendum sulla riforma costituzionale previsto per il prossimo autunno: demolire la Costituzione nata dalla Resistenza in modo da facilitare l’accentramento dei poteri verso l’alto come strada per rendere il paese più governabile.
Per ognuno di questi tre passaggi, ai fini della costruzione del Governo di Blocco Popolare è secondario il risultato elettorale ed è invece principale quanto e come le organizzazioni operaie e popolari ne fanno uso per assumere un ruolo superiore rispetto a quella parte di masse popolari non ancora organizzate, quanto le usano ai fini della loro specifica mobilitazione, quanto le usano per aprire nuove contraddizioni o approfondire quelle esistenti, nel campo della classe dominante (vedi gli articoli Referendum del 17 aprile contro le trivelle e La Lista Disoccupati e Precari di Roma a pag. 1).
Questo è il terreno in cui noi comunisti ci concentriamo per combinare, mettere in sinergia e concatenazione la parte positiva, avanzata, la sinistra, delle organizzazioni operaie e popolari esistenti in modo che la mobilitazione di una rafforzi le altre, in modo da sostenerle ad assumere il ruolo di nuova autorità pubblica, in modo da mettere a valore le contraddizioni del campo nemico e mettere a contribuzione della costituzione del Governo di Blocco Popolare anche quegli esponenti della sinistra borghese che tanto da fare si daranno per portare a casa qualche risultato nelle competizioni elettorali.
Sinergia e concatenazione esempi pratici. La mobilitazione contro la guerra può e deve svilupparsi, ma non lo farà allo stesso modo con cui si sviluppò nel 2001 e nel 2003 (campagna di opinione, illusione che le proteste potessero condizionare i governi). Non serve a niente prendersela con chi non protesta: serve invece comprendere che la mobilitazione contro le guerre di aggressione promosse dalla Comunità Internazionale degli imperialisti è strettamente legata alla guerra interna che i governi imperialisti fanno contro i lavoratori e le masse popolari, è l’altra faccia della stessa medaglia. Una volta capito questo (il nemico in casa nostra) i promotori del movimento contro la guerra devono trovare la strada pratica per mettere in sinergia le mobilitazioni contro gli effetti della crisi e conto il restringimento dei diritti democratici, con la mobilitazione contro la guerra. Di esempi ce ne sono a migliaia e le gloriose mobilitazioni degli operai e delle masse popolari italiane nei decenni passati sono inesauribile fonte di ispirazione: non un uomo e non un soldo per la guerra dei padroni; difendere i posti di lavoro esistenti e crearne di nuovi, difendere e potenziare la scuola pubblica e la sanità pubblica, il diritto a una casa dignitosa, ecc.
Anche in questo caso il discorso è molto pratico: vero che non esiste ancora un centro abbastanza autorevole per promuovere una mobilitazione capillare e vasta contro la guerra e che sappia mettere in sinergia quella mobilitazione con le mille lotte contro gli effetti della crisi, ma il discorso, se facciamo valere le tendenze positive, può essere posto in modo diverso. Il 16 gennaio, in occasione delle prime giornate nazionali di mobilitazione contro la guerra promosse da Eurostop, si sono tenuti due cortei (Roma e Milano) partecipati da poche migliaia di persone, a stare larghi 5 mila in totale. Il 12 marzo, seconda mobilitazione nazionale, le manifestazioni sono state più di 15 su tutto il territorio. Il numero dei partecipanti forse non è cresciuto (o è cresciuto di poco), ma la mobilitazione si è estesa: significa che in almeno 15 città ci sono persone disponibili a mobilitarsi in prima persona. Ora rimane da valutare quante di queste sono disponibili a fare un lavoro meticoloso per legare la mobilitazione contro la guerra alle mobilitazioni contro gli effetti della crisi. Cioè: non limitarsi ad aspettare la prossima scadenza, ma cercare di far confluire parte della mobilitazione che esiste a prescindere dalla guerra, nella mobilitazione contro la guerra. In certi casi si tratta di mostrare agli organismi in questione quanto e come schierarsi, prendere posizione, alimentare la mobilitazione contro la guerra rafforza anche la specifica lotta che stanno promuovendo. Significa mostrare ai lavoratori della tale azienda che arrivare a partecipare in decine alle manifestazioni con lo striscione di rappresentanza è un obiettivo, in questo momento, ma che per raggiungerlo è importante che i tre operai che “si pongono la questione” prendano posizione pubblica con un comunicato, lo affiggano in bacheca, lo spediscano ai giornali locali e spingano la RSU a diffonderlo. Se questo intervento lo si fa in modo sistematico in 15 città (e per farlo bastano 4 persone, non 400 o 4000), quelle poche centinaia di partecipanti alle manifestazioni del 12 marzo saranno di più, più motivati, più coesi, più coscienti alla mobilitazione successiva, di cui avranno anche una responsabilità nella preparazione e nella riuscita.
Osare vincere, esempi pratici. In condizioni normali, i nessi fra le cose, i fenomeni e i processi si creano in modo conforme alle leggi che vigono nella società. Significa che, dato che la società è governata dalla borghesia imperialista, “naturalmente” la combinazione fra cose, fenomeni e processi risponde alle sue logiche, ai suoi interessi (da qui il pessimismo cosmico della sinistra borghese). Osare vincere vuol dire osare forzare il corso spontaneo delle cose per incanalarlo in una direzione che sta nella sua natura, ma che da solo non si afferma.
Può una occupazione di case affermare un corso nuovo nella lotta per il diritto all’abitare? Sì, se diventa esperienza (non importa quanto piccola o marginale) che consente alle organizzazioni operaie e popolari che vi entrano in relazione (perché la promuovono, perché vi collaborano, perché la conoscono, ecc.) di fare un passo avanti nell’operare come nuova autorità, se impone un corso nuovo nei rapporti di forza fra ciò che è legittimo anche se per la legge borghese è illegale, se diventa punto di riferimento (di sinergia e di concatenazione) con altre mobilitazioni, lotte, campagne promosse dalle masse popolari o promosse dalla borghesia.
Può una battaglia contro la chiusura di un’azienda diventare questione politica che scuote il paese? Sì. Chi ricorda la spinta che il NO al Referendum con la pistola puntata alla tempia che Marchionne impose agli operai di Pomigliano diede al movimento popolare (anche se vinse il SI’, il referendum mostrò l’orgoglio e la volontà di combattere degli operai), ricorda che quella risposta operaia ha condizionato la politica del paese per gli anni successivi: movimenti per i beni comuni, la vittoria ai referendum sull’acqua e sul nucleare, il ruolo assunto dalla FIOM, la vittoria dei sindaci arancioni… un processo legato da mille nessi con l’ondata che ha portato all’affermazione del M5S nel 2013. A cui i vertici della Repubblica Pontificia hanno fatto fronte con il golpe bianco di Napolitano, con i governi nominati in contrasto con l’esito delle elezioni (Monti) e contro i programmi elettorali (Letta e Renzi) e con le manovre aperte e occulte per rimettere in riga i dirigenti dei sindacati di regime, Landini compreso.
Osare vincere. Perché è possibile. Lottare per vincere. Con scienza, intelligenza e coraggio le masse popolari organizzate possono costruire il loro governo di emergenza. Noi comunisti mettiamo al servizio di questo obiettivo il patrimonio di scienza, di intelligenza e di coraggio di chi ha già guidato una volta l’assalto al cielo, mostrando all’umanità il futuro possibile che può costruire; mettiamo il patrimonio di organizzazione che su questa base abbiamo costruito: è piccola, vero, ma può crescere e crescerà perché è costruita su fondamenta sicure.